Soccorso alpino e nuove tecnologie: testato il progetto “Sherpa”

27 Febbraio 2017

Un sistema di soccorso alpino, destinato ai salvataggi in alta quota, che lega uomo, droni e robot, nato grazie ai finanziamenti dell'Unione Europea sotto l'egida dell'Alma Mater Studiorum di Bologna. 

Il progetto - spiega una nota dell'Ateneo emiliano - è stato ribattezzato 'Sherpa' ed è un sistema a servizio dei soccorritori basato sull'uso di droni, robot e aeromodelli ad ala fissa.

In particolare, l'obiettivo della nuova tecnologia è quello di raggiungere luoghi oggetto di slavine in pochi minuti e localizzare i dispersi travolti dalla neve grazie all'uso di robot nominati come animali: i 'falchi', ossia gli aeromodelli; gli 'asini intelligenti', ossia i rover e le 'vespe', ossia i droni. I falchi fanno il primo screening della zona colpita; gli 'asini intelligenti' trasportano su terra le 'vespe', ovvero i droni in grado di fotografare le aree colpite, riportare  dati utili anche in condizioni avverse grazie alle telecamere ad  infrarossi e registrare i segnali radio del segnalatore che ogni scalatore o sciatore esperto porta con sé. Elementi utilizzati, poi, dai soccorritori che dovranno intervenire sul luogo per i soccorsi del caso.

Dopo quattro anni di sviluppo, il progetto 'Sherpa' è stato testato nella sua interezza durante l'Integration Week' conclusosi pochi giorni fa a Davos che ha visto la presenza di diversi soggetti operativi guidati dall'Università di Bologna: l'Eth di Zurigo; l'Università di Leuven in Belgio; l'Università di Napoli Federico II; l'Università di Linkopings in Svezia; l'Università di Twente in Olanda; l'Università di Bremen in Germania, due aziende - la Bluebotics di Losanna, 
specializzata in robotica, e l'Asla Tech di Bologna, specializzata in droni - e il Club Alpino Italiano come utilizzatore del progetto.

“Il Progetto Sherpa coinvolge il CAI per il tramite del CNSAS, in qualità di potenziali utilizzatori finali, per quanto concerne le sperimentazioni pratiche di droni nella ricerca di dispersi sia su terreno scoperto che su valanga”, spiega Adriano Favre, Direttore del Soccorso alpino valdostano. “Il CNSAS ha contribuito fattivamente a mettere a punto droni con a bordo un ricevitore ARTVA da impiegare nella ricerca in valanga, sono state eseguite centinaia di prove di volo e ricerca. In questo momento possiamo dire di aver acquisito una buona conoscenza della tecnica di ricerca e contribuito allo sviluppo di un apparecchio affidabile e performante”.

“I prossimi step saranno quelli di un'applicazione operativa diffusa tra i vari servizi regionali di soccorso – continua Favre - Per arrivare a ciò si dovrà disporre di droni espressamente concepiti a tale uso e prodotti a livello industriale, al momento abbiamo utilizzato solamente prototipi fabbricati ad hoc”.

fonte: loscarpone.cai.it