Renato Casarotto. Solo di cordata

05 Aprile 2016

Renato CasarottoSabato 9 aprile - nell'ambito di Leggere le Montagne, un'iniziativa della Biblioteca Nazionale del Club Alpino Italiano e del Museo Nazionale della Montagna con il sostegno del Club Alpino Italiano e della Città di Torino - verrà proiettato, in anteprima cittadina, il film Solo di cordata, del regista Davide Riva.

Il video, illustra la figura di Renato Casarotto, leggendario alpinista degli anni '70 e '80. Il pomeriggio aprirà con un intervento del giornalista Roberto Mantovani, che aiuterà il pubblico a inquadrare l'alpinismo di Casarotto nel suo contesto storico.
Nel periodo compreso tra la metà degli anni '70 del secolo scorso e il luglio 1986, quando morì ai piedi del versante pakistano del K2, Renato Casarotto fu uno degli scalatori più forti del mondo, probabilmente il più grande. Era nato il 15 maggio 1948, a due passi da Vicenza. Aveva cominciato ad arrampicare tardi, durante il servizio militare negli Alpini. E nei mesi trascorsi tra le montagne del Cadore aveva capito che se c'era una cosa che lo intrigava a fondo e che riusciva a fare bene era l'alpinismo.

Nella vita civile, i primi anni di scalate di Casarotto ebbero come teatro le montagne del Veneto e del Trentino, un continuo altalenare tra l'"officina" delle Piccole Dolomiti vicentine e le grandi pareti dei Monti Pallidi. Un periodo forsennato che consentì a Renato di apprendere i trucchi del mestiere, tirare al massimo l'arrampicata libera sulle pareti di casa, aprire le prime vie nuove, provare l'esperienza delle solitarie e delle scalate invernali. Dopo le grandi classiche, arrivarono le scalate importanti. Tante, belle e avventurose. A partire dal 1977 ci fu un salto di qualità. Tutto cominciò con la una solitaria strabiliante in Perù, nella Cordillera Blanca, sulla Nord del Huascarán Norte, una parete concava, alta oltre un chilometro e mezzo, battuta dalla valanghe e dalle scariche di ghiaccio e di sassi. Lassù, l'alpinista vicentino salì navigando "a vista" per 17 giorni consecutivi, con un unico conforto: il collegamento radio giornaliero con la moglie Goretta, in attesa al campo base.

Negli anni successivi, il rosario di prime ascensioni di Casarotto sulle grandi montagne del mondo e sulle Alpi continuò ad arricchirsi. A rileggerne la lista oggi, si rimane impressionati. Soprattutto se si pensa che sono scalate in solitaria. Prima ascensione del Pilastro Nord Est del Fitz Roy, in Patagonia, nel 1979. Trittico del Frêney al Monte Bianco, cioè il concatenamento in solitaria, senza aiuti esterni e senza depositi di viveri, della via Ratti-Vitali sulla Ovest dell'Aiguille Noire de Peuterey, della via Gervasutti-Boccalatte sul Picco Gugliermina e del Pilone Centrale del Frêney, con arrivo sulla vetta del Bianco e successivo rientro a valle (il tutto in 15 giorni esatti, dall'1 al 15 febbraio 1982). Prima invernale del Diedro Cozzolino al Piccolo Mangart di Coritenza nelle Alpi Giulie, dal 30 dicembre 1982 al 9 gennaio 1983. Broad Peak Nord, scalato in prima ascensione assoluta lungo lo spigolo nord nel giugno 1983: 2500 metri di dislivello, con un elevato concentrato di difficoltà su roccia, ghiaccio e misto. Poi la Ridge of no return (5 km di via) al Denali (allora: McKinley), nell'aprile del 1984, in dodici giorni. La prima invernale, in solitaria, della via Gervasutti-Gagliardone sulla parete est delle Grandes Jorasses, nel marzo 1985. E infine il triplo tentativo di scalata dello Sperone sud sud ovest del K2, conclusosi tragicamente a breve distanza dal campo base il 16 luglio 1986, durante l'ultima, definitiva discesa in fuga dal maltempo.

A quei tempi, muoversi sulle difficoltà affrontate abitualmente da Renato Casarotto significava esplorare, da pionieri, una dimensione sconosciuta, cavalcare letteralmente il filo di un rasoio. Se proviamo a storicizzare gli eventi, le vie alpinistiche dello scalatore veneto ci appaiono come dei monumenti della fantasia e del pensiero che hanno saputo trasformarsi in azione e poi in fatti compiuti.

La proiezione avverrà Sabato 9 aprile 2016, ore 17.00, presso il Museo Nazionale della Montagna , e sarà presentata da Roberto Mantovani.