Montagnaterapia, storie di inclusione al Festival italiano del volontariato
16 Maggio 2018

Dal rifugio sociale alle arrampicate con tossicodipendenti, disabili e non vedenti. Il CAI porta a Lucca la narrazione della "montagna che aiuta" in occasione del Festival italiano del volontariato.
Giuseppe è un alpinista cieco e prima di perdere la vista faceva il pasticciere. Ora insegna danza, ha il brevetto di sub e si dedica all'arrampica sportiva. Aldo, pensionato, è un volontario del Club alpino italiano. Insieme ad altri, nella sezione Cai di Firenze, ha creato il gruppo di montagnaterapia "La montagna per tutti". E ora, durante le arrampicate in parete, è la voce guida di Giuseppe.
Questa è solo una delle tante storie che il Club alpino ha raccontato durante il Festival italiano del volontariato, attraverso le voci di testimoni e protagonisti. A Lucca, nella tensostruttura allestita in piazza Napoleone, sabato 12 maggio durante il convegno Montagnaterapia, tra cura e inclusione non sono intervenuti solo l'alpinista non vedente Giuseppe Comuniello (che ha presentato anche un cortometraggio girato in grotta di cui ha curato la regia) e Aldo Terreni (La montagna per tutti, Cai Firenze).
Insieme a loro, moderati da Luca Calzolari (direttore di Montagne360, rivista del Club alpino italiano) sono intervenuti anche Lorella Franceschini (vicepresidente generale Cai), Ornella Giordana e Marco Battaìn (Gruppo La montagna che aiuta del CAI Torino, pioniere di questa attività), Gigliola Galvagni e Sara Foradori (Sat - Società alpinisti tridentini).
Sì, perché nel Comune di Roncegno Terme, in Trentino-Alto Adige, si trova il Rifugio sociale Erterle. Da anni offre accoglienza e organizza trekking. Ma ciò che più conta è che qua, grazie alla collaborazione tra la Sat e il Centro di salute mentale di Trento, trovano lavoro persone con varie tipologie di disagio, sia psichico sia sociale.
E così la montagna, inclusiva per natura, grazie al Club alpino italiano si fa inclusiva e trova la sua funzione anche in ambito sociosanitario. Accogliendo malati e persone affette da patologie psichiatriche, la montagnaterapia ha fatto nascere esperienze destinate ad abbattere pregiudizi e differenze, migliorando la qualità della vita dei più deboli. La montagnaterapia non è una pratica, bensì un ambito di intervento. E il Cai, ben prima che queste attività rientrassero a far parte del proprio statuto, ha declinato questo concetto in una metodologia terapeutica e riabilitativa al fine di prevenire e curare persone con disabilità (fisiche e psicologiche) o afflitte da particolari patologie.
Le attività del Gruppo La Montagna che Aiuta >
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Marco Battaìn del Gruppo La montagna che aiuta del CAI Torino, pioniere di questa attività