La montagna è per tutte le età ma va affrontata a tappe

21 Settembre 2017

Questa estate sulle nostre montagne alcuni minori sono stati coinvolti in tragici incidenti nonostante le famiglie fossero esperte e ben equipaggiate. I consigli di Antonella Bonaldi, presidente di Alpinismo giovanile del Cai.

L’ultimo incidente risale alla scorsa settimana un uomo di 53 anni in cordata sul Monviso con il figlio di 8 anni è precipitato ed è morto sul colpo. Il bambino, ora sotto shock, si è salvato e ha riportato lievi traumi. L’uomo era un escursionista esperto. Lo stesso si è detto dei morti sul ghiacciaio della Presanella. All’ascensione avvenuta in agosto partecipavano due famiglie  e due amici, insieme in due cordate. Un incidente ha causato la morte di tre persone tra cui un ragazzo di non ancora 14 anni. Erano tutti ben equipaggiati.  Ed è infine di  luglio la notizia di una famiglia, peraltro anch’essa ben attrezzata, con due bambini di 9 anni, e per questo motivo bloccata durante la salita al Monte Bianco.  Ne parliamo con Antonella Bonaldi, presidente della Commissione centrale di Alpinismo giovanile del CAI alla quale chiediamo quanto c’è di fatalità e quanto di imprudenza in questi tragici eventi:

«In ambiente montano non si può annullare totalmente il rischio o la fatalità. Però si possono ridurre questi due fattori magari pensandoci bene prima di intraprendere un certo percorso. Un ambiente austero come una salita su un ghiacciaio significa, per una bambino o un ragazzino, bruciare una tappa nella sua crescita.  A volte meglio evitare.  Anche se accompagnati da professionisti e guide alpine è comunque voler correre sui tempi».

Nei casi citati si trattava effettivamente di trekking adatti a bambini o ragazzi?

«Senza dare giudizi riguardo a queste tragedie è bene ricordare che lo stato dei ghiacciai è in peggioramento. Anche per gli esperti di alpinismo stanno diventando ambienti difficili dove è necessaria molta esperienza. Spesso sono situazioni ostili ma sottovalutate. Forse a volte ci si sente troppo sicuri delle proprie capacità ma avendo con se un minore è meglio ricordare che possono esserci  problemi logistici dovuti alla giovane età. L’alta quota per un bambino non è il massimo. Ci sono tanti fattori  da tenere presente. Anche il più grande alpinista può avere la sua giornata “no”. Un difetto di chi va in montagna spesso e non vedere il momento in cui decidere di rientrare e ritentare in una giornata più adatta. Per molti l’urgenza di arrivare alla meta fa perdere la capacità di capire cosa è meglio in quel momento».

Qual è l’età giusta per affrontare la montagna?

« L’età giusta è “sempre”. Bisogna semplicemente saper scegliere ambienti giusti e soprattutto affidarsi a chi ne sa di più. Presiedo la Commissione per i giovani (7-17 anni), ultimamente con Family Cai, si organizzano gite in montagne per famiglie adatte anche a chi porta ancora il bambino nello zainetto. In tal modo la famiglia è unita e vive una bella esperienza con proposte adatte. C’è molta voglia di andare in montagna insieme e il Cai appoggia questa tendenza avvicinando piano i bambini alla montagna».

Quali sono le principali raccomandazioni per genitori e per i ragazzi?

«Innanzitutto informarsi del luogo in cui si va, delle condizioni meteo, e non solo quelle generali, perché in montagna cambiano di valle in valle. Meglio telefonare al punto turistico e cominciare ad informarsi durante settimana precedente alla gita. Bisogna poi scegliere le attività più adatte ai bambini e stare al loro passo. Magari passeggiando nel bosco e accettando che i bambini si fermino per colmare le curiosità sull’ambiente. Spesso all’adulto queste soste danno fastidio perché rallentano, ma se stimolati e incuriositi i bambini possono camminare tutto il giorno. Nelle attività del Cai  ci sono giochi organizzati lungo il cammino e intano il bambino si muove ma in ambiente adatto a lui.  L’adulto ha l’obiettivo della strada da percorrere, il bambino del gioco. Poi quando è pronto gli si possono proporre escursioni più complesse».

fonte: Famiglia Cristiana