Architettura e tecnologia nel paesaggio montano d’alta quota La nuova funivia Skyway Monte Bianco - Prima parte
di Cristina Brunello, Eleonora Cortellini, Elisabetta Viale, Carlo Cillara Rossi, Marco Petrella
Cari Soci, Care Socie, insomma, Cari Amici...
In attesa di riprendere le nostre consuete attività chi è residente in Comuni non montani dovrà al momento accontentarsi di montagne “virtuali”, di carta o elettroniche che siano: il CAI Torino inizia a proporvi una interessantissima monografia sulla storia del rifugio “Torino” e delle Funivie del Monte Bianco.
Si tratta di uno scritto corposo, redatto da un gruppo di studiosi della Soprinrentenza ai Beni Architettonici della Regione Autonoma Valle d'Aosta, alla cui realizzazione abbiamo contribuito con il materiale dell'Archivio Storico del CAI Torino.
Come premesso, vi offriamo un documento di taglio accademico che pubblicheremo a puntate per non appesantire i vostri download e per invogliarvi a seguire la nostra testata.
Infine...
Se avete proposte, temi, articoli, cos'altro vi viene in mente, sarò felicissimo di parlarne con voi e realizzarne la pubblicazione: se avete piacere di contattarmi io sono qui: montievalli@caitorino.it
Un abbraccio a tutti (a distanza, s'intende...)
Mauro Brusa
Premessa di Elisabetta Viale
Il Massiccio del Monte Bianco può vantarsi di essere da più di 2 secoli non solo una meta turistica, ma un vero laboratorio per il turismo alpino, un modello per paesi e territori montani del mondo intero. È proprio in quest’area che sono nate le vacanze in montagna, come testimoniano i taccuini di letterati e viaggiatori che l’hanno percorsa in lungo e in largo.
Nel 1760, convinto che si potesse giungere in cima a quello che era già stato stimato il monte più alto d’Europa, Horace- Bénédict de Saussure promette un premio a chi si offrirà di portare sulla cima il suo barometro e compiere delle misurazioni.
Seguono 26 anni di tentativi, fino all’eccezionale impresa di 2 chamoniards, il dottor Michel-Gabriel Paccard e il cercatore di cristalli Jacques Balmat, che il 7 agosto 1786 alle 18:23, dopo 14 ore e 30 min di salita, toccano la vetta del “Tetto d’Europa” equipaggiati con scarpe chiodate, un paio di bastoni appuntiti e vestiti pesanti. Vi restano il tempo utile per effettuare dei rilevamenti sulla pressione atmosferica e per conoscere in modo approssimativo l’altezza della vetta. Alle 18:57 ripartono, dopo 4 ore raggiungono la capanna lasciata la mattina stessa, vi trascorrono la notte e rientrano a Chamonix alle 8:00 del giorno dopo.
Il 13 agosto 1787, anche De Saussure raggiunge la cima. È Balmat che organizza la spedizione e prepara 2 rifugi per i pernottamenti. Accompagnato dal servitore personale e da 17 guide che trasportano cibo, bevande, scale a pioli, un letto, una stufa e un laboratorio scientifico, lo scienziato ginevrino corona il suo sogno.
La prima ascensione del Monte Bianco dal versante italiano risale al 13 agosto 1863 ed è compiuta da 3 guide di Courmayeur, Julien Grange, Adolphe Orset e Jean-Marie Perrod, che, insieme con l’inglese Reginald Head, aprono la via dei Trois Mont Blanc, nome ispirato alle 3 vette che scalano come gradini di una scala a misura di gigante: Tacul, Maudit, Montn Blanc.
Il rifugio Torino di Elisabetta Viale
La capanna Margherita, chiamata così in onore della regina, è il primo rifugio costruito al Colle del Gigante nel 1884 su progetto dell’ingegnere Camillo Boggio di fianco a un bivacco del 1875 parzialmente inserito nella cavità di una roccia. È fortemente voluta dall’allora presidente del CAI Francesco Gonella e realizzata in parte in muratura (da un’impresa di Pré- Saint-Didier) e in parte in legno (da falegnami di Courmayeur) grazie al contributo e all’impegno dei funzionari del Comune e delle guide di Courmayeur.2 Nel 1889 i 2 fabbricati vengono uniti e una nuova cucina, un dormitorio e un terzo ambiente aumentano lo spazio disponibile per l’ospitalità.
Diventando l’alpinismo una pratica sempre più diffusa, la capienza della capanna Margherita non risponde più alle necessità dei frequentatori del colle. Sempre su iniziativa di Francesco Gonella e su progetto dell’ingegnere Alberto Girola viene proposta la realizzazione di un nuovo edificio, il rifugio Torino dal nome della città in cui è nato il CAI.
La Capanna "Regina Margherita" al Colle del Gigante
In muratura e a valle di una trentina di metri rispetto alla capanna Margherita, viene inaugurato il 28 agosto 1899 alla presenza di 115 alpinisti saliti ad ammirare «i due piani del “palazzo”, la sala da pranzo pei viaggiatori, la cucina, la saletta per le guide, le quattro camere da letto coi loro sedici relativi elastici, materassi, coperte, lenzuola […] ed il dormitorio delle guide, e dell’albergatore, e la dispensa».
La zona è sempre più frequentata e il fabbisogno di riparo in costante aumento tanto che, dopo interventi sporadici, su progetto dell’ingegnere Remo Locchi di Torino, datato 6 luglio 1930, si prevede un ampliamento «da appoggiare sul fianco guardante Courmayeur dell’attuale Rifugio, in modo da occupare parte dell’attuale piazzaletto antistante convenientemente sistemata e regolarizzata».
La nuova costruzione consiste in un corpo di fabbrica con doppie pareti perimetrali in legno, opportunamente trattate per garantire maggiore durata; sono lignei anche il pavimento, le tramezze divisorie e il rivestimento della parete in muratura del vecchio rifugio inglobata nella nuova costruzione; la copertura è in lamiera metallica su travatura in legno e sono previste 5 aperture verso est dotate di doppi vetri con scuri esterni.
Alpini della Divisione "Littorio" osservano il versante valdostano del Monte Bianco in direzione del rifugio "Torino".
Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale il rifugio Torino, nonostante l’ampliamento, risulta sottodimensionato rispetto all’aumentato afflusso dei frequentatori della montagna.
Inoltre, il manufatto viene occupato e danneggiato durante il conflitto.
Dopo la realizzazione e la messa in funzione della funivia giunge al Colle del Gigante un sempre maggior numero di turisti attratti dalla bellezza del panorama godibile da quelle quote e ora facilmente raggiungibile senza faticose ascese. Il rifugio risulta quindi alquanto inadeguato ad accogliere sia gli alpinisti (che sovente non trovano più posto per trascorrere la notte), sia i turisti i quali hanno esigenze e “stili” diversi. Tra i 2 gruppi di frequentatori nascono spesso diverbi e dispute.
In seguito all’intensificarsi delle critiche e delle proteste da parte di alpinisti italiani ed europei, la sezione del CAI di Torino delibera il rifacimento del rifugio. Tra le diverse proposte, viene approvato il progetto a firma dell’ingegnere Remo Locchi del 30 novembre 1950. Scartata la primitiva idea di ampliare ulteriormente il vecchio rifugio, poiché lo spazio antistante non è sufficiente per la grandiosa opera prevista, viene scelta una zona a monte sulla cresta di Punta Helbronner presso la capanna Margherita che viene demolita durante le operazioni di regolarizzazione del terreno su cui insisterà l’edificio, previsto in pianta di 25,80x15,30 m.
Il nuovo fabbricato è progettato con pilastri in cemento armato, muri portanti in laterizio e blocchi di conglomerato cementizio, pareti esterne al piano terreno in pietra locale e malta di cemento e ai livelli superiori, come per le tramezze interne, in blocchi di conglomerato di pomice e cemento i quali assicurano leggerezza, buon isolamento termico e rapidità di esecuzione. Gli orizzontamenti sono previsti in putrelle e il tetto caratterizzato da una ridotta sporgenza, dall’assenza di gronda e da una pendenza poco accentuata tale da impedire lo scivolamento della neve, con orditura e tavolato di legno di abete ricoperto di lamiera zincata.Non sono previsti balconi e davanzali, per evitare l’accumulo del ghiaccio, e le finestre, relativamente piccole, sono con doppi vetri e dotate di grate in ferro al primo piano.
L'articolo continua ... a presto su montievalli@caitorino.it