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Cos’è lo scialpinismo?

di Carlo Crovella

E’ arrivata la prima neve, seppure un po’ bagnata dalla pioggia: è quindi ora di attaccare le pelli di foca e partire per le prime gite di scialpinismo. Se non interverranno spiacevoli imprevisti, la stagione promette di essere lunga e gratificante.

Per alcuni questa potrebbe essere la prima stagione di scialpinismo. Prima di far ruggire i motori, è però bene fermarsi un attimo a riflettere, circondati solo dal silenzio della montagna innevata.

Foto Archivio Carlo Crovella

Sempre più diffuso è l’accesso allo scialpinismo come alternativa allo sci di pista, magari con una fase intermedia costituita dalla pratica di quello che oggi si chiama freeride, cioè discese in neve fresca con l’uso degli impianti. Lo sci di pista è in effetti ripetitivo a iosa e rapidamente conduce all’assenza di nuovi stimoli. Si inizia a cercare questi ultimi mettendo il naso fuori dalla piste battute, ma continuando a servirsi degli impianti di risalita.

Magari per godere di una bella discesa occorre salire ad un colletto o scavalcare una cresta e ciò introduce all’uso delle pelli. Il passo successivo è darsi completamente alle gite di scialpinismo, avvicinandole grazie a combriccole di amici e, meglio ancora, iscrivendosi a Scuole e Corsi del CAI.

Chi registra questa evoluzione tende molto spesso a concepire lo scialpinismo come una alternativa più avventurosa (e magari più economica) dello sci di pista o del free ride. In soldoni, salvo eccezioni particolari, si resta degli sciatori, principalmente interessati a divertirsi grazie alla discesa.

Non sempre è così, cioè non sempre ci si ferma a questo step, e magari si imboccano altri percorsi evolutivi, più sbilanciati verso risvolti atletici (fare tanto dislivello e/o farlo nel minor tempo possibile) o verso performance tecniche, attraverso la ricerca dei pendii ripidi.

Sono tutti approcci assolutamente legittimi. Nessuno può vietare l’accesso alle montagne o condizionarne le caratteristiche. Mi permetto però, da “vecchio zio” con oltre 50 stagioni di scialpinismo sul groppone, di illustrare alcuni elementi che rischiano di esaurire l’interesse per lo scialpinismo in un arco temporale relativamente breve.

Foto Archivio Carlo Crovella

In particolare ho notato che, negli ultimi 15-20 anni, la qualità della discesa ha assunto un’importanza sempre maggiore. Lo si evince, ad esempio, consultando le recensioni postate sugli appositi siti internet, dove uno dei parametri chiave (se non il principale) nella valutazione della gita recensita è appunto costituito dal numero di stelle attribuite alla discesa. Tante stelle: bellissima discesa, quindi bella gita, consigliabile ai lettori. Poche stelle: discesa insoddisfacente, ergo gita mediocre o addirittura brutta, sconsigliata.

Lungi da me propagandare un approccio masochistico costituito esclusivamente dalla ricerca di neve brutta! Tuttavia vorrei sottolineare che chi non supera questo modo di ragionare rischia di esaurire rapidamente il proprio interesse per lo scialpinismo.

Il fenomeno è estendibile anche agli altri approcci: ad esempio chi misura il tempo di salita (interessato alla performance atletica, magari in proiezione agonistica) ben presto arriverà ad una situazione asintotica, cioè non riuscirà a concretizzare ulteriori miglioramenti di rilievo e, frustrato da ciò, rischierà di stufarsi. Analogamente chi ricerca il sempre più ripido, ad un certo punto non riuscirà ad andare oltre alle pendenze raggiunte e, anche in questo caso, rischierà di stufarsi.

Insomma questi approcci (che nella realtà sono molto più sfaccettati, ma che qui, per semplicità, sono sintetizzati in alcuni archetipi) hanno un minimo comune denominatore: si basano sulla concezione che lo scialpinismo sia un semplice sport. Se la pensi così, quando perdi gli stimoli, passi con rapidità ad un nuovo sport, dove la novità ti pone davanti rinnovati spazzi di crescita (atletica o tecnica).

Foto Archivio Carlo Crovella

In particolare, però, stride chi non riesce a superare l’esclusiva ricerca delle “belle” discese. Al contrario lo scialpinismo, nel suo profondo, non è una semplice alternativa allo sci di pista. C’è di più, molto di più.
Mi affretto a precisare che io adoro sciare in discesa: in assoluto è la passione più intensa della mia vita, più dell’arrampicare su roccia, più del gusto della birra in gola, più di un bel libro… Di conseguenza mi piace moltissimo vivere un’intera giornata utilizzando gli impianti per concedermi lunghi percorsi sia in pista che fuori pista. Anche nelle aree super antropizzate (come in alta Val Susa), si trovano ancora discese fuori pista di parecchie centinaia di metri di dislivello. Almeno un paio di giornate all’anno le dedico a “togliermi la voglia” del puro sci.

Tuttavia il “mio” scialpinismo non è un semplice pretesto per altre discese con gli sci, ma è proprio un’altra “cosa”: è vivere la montagna nella sue veste innevata. Se io avessi fatto gite in sci esclusivamente alla ricerca di discese inebrianti, oggi sarei probabilmente molto deluso. Intendo dire che, in oltre 50 anni di ininterrotta attività, le “belle” discese coprono all’incirca il 25% del totale delle mie uscite. Spesso infatti la neve non è nelle condizioni ideali: gessosa, crostosa, ventata, ce n’è troppa o troppo poca. Poi si aggiungono le condizioni collaterali: visibilità, evoluzione meteorologica, stato di forma, umore…

Ben altre sono le motivazioni che mi hanno spinto a fare gite in sci: il silenzio dei boschi invernali, oppure l’immensità dell’alta montagna primaverile, la curiosità dell’esplorazione, l’emozione di vedere cosa c’è oltre un colle o una cresta, il vento che ti schiaffeggia il viso, il sole che ti cuoce sui ghiacciai, i pernottamenti nei rifugi incustoditi, il saper rattoppare una pelle squarciata da un sasso… insomma, lo scialpinismo è l’arrivare su una vetta e il saper tornare indietro muovendosi nell’ambito della montagna innevata con l’istinto di un animale.

Foto Archivio Carlo Crovella

Per tutti questi motivi, mi è stato mille volte rinfacciato (dai puristi delle discese) di avere una visione “alpinistica” dello scialpinismo, non nel senso che corro dietro al VI grado su roccia durante le gite in sci, ma perché della discesa complessivamente mi importa poco. Quello che mi intriga è l’andare in montagna nella sua accezione più estesa e quindi anche durante le stagioni propizie agli sci.

Foto Archivio Carlo Crovella

La montagna innevata è un immenso oceano bianco, dove lo onde sono le creste cui seguono profondi valloni, tutti da esplorare. Come il marinaio, di fronte al mare, sente crescere dentro di sé il desiderio di avventura, anche io (calzando gli sci con le pelli) alzo la vela e parto…

di Carlo Crovella



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