

La Kuffner al Mont Maudit: il silenzio delle creste
di Flavio Coffano
È buio quando usciamo dal Rifugio Torino. Davanti a noi, solo il chiarore freddo delle frontali e il bianco irreale del ghiaccio.
La cresta Kuffner non si concede subito: prima bisogna meritarsela, salendo quel lungo canale ghiacciato nel cuore del Cirque Maudit, in un silenzio che è quasi sacro.
Il cielo inizia a schiarire mentre stringiamo i ramponi più saldamente e ci infiliamo nel primo tratto di misto. Il passo è sicuro, ma l’ambiente è severo. Alla nostra sinistra, il Monte Bianco ci scruta muta. Ogni tanto ci si guarda, ma si parla poco: ognuno è immerso nei propri pensieri, tra attenzione, concentrazione e una sottile vertigine di bellezza.
Poi finalmente si arriva in cresta. Sottile, elegante, aerea. Ogni metro è un invito alla prudenza e alla meraviglia. Alterniamo passaggi su roccia e tratti affilati di neve.
Quando mettiamo piede sulla spalla nord-est del Maudit, la vista si apre improvvisa su un mondo sospeso: Tacul, Bianco, Jorasses... sembra di fluttuare nel cielo. Non serve dirlo, ma lo diciamo lo stesso: che posto incredibile.
Sulla via del ritorno, la fatica si fa sentire. Scendiamo con attenzione lungo i Trois Monts, mentre la giornata si accende e il traffico delle cordate che salgono ci ricorda che siamo di nuovo nel mondo.
Non diciamo molto, ma lo sappiamo: certe linee restano addosso, come una traccia nella neve che il sole non riesce a sciogliere.
E ogni tanto, nei giorni che verranno, torneranno in mente la luce sottile dell’alba, il rumore secco dei ramponi sul ghiaccio, e quel silenzio raro che solo le creste sanno regalare.
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