

ARUGA-POMA, dal Monviso al Sempione: una raccolta che dura 50 anni
di Federica Boggio
Era il 1974 quando uscì la prima edizione della raccolta di itinerari scialpinistici denominata Dal Monviso al Sempione, ma nota come Aruga-Poma dal nome dei due autori.
Sono passati 50 anni dall’uscita e in occasione di questo importante anniversario ci siamo confrontati con Cesare Poma: abbiamo parlato di montagna, di sci, dei tempi che cambiano e, sì, abbiamo parlato anche del libro.
Oggi, nel 2024, l’Aruga-Poma resta un’istituzione, uno dei primi libri, se non il primo, a raccogliere in Italia gli itinerari per lo scialpinismo e a diventare un modello per tante guide future. Come è nata questa idea?
Quella era un’epoca unica per la montagna, un momento di svolta e probabilmente un momento privilegiato. La neve era tanta, l’attrezzatura iniziava ad essere più comoda, erano state costruite strade ed autostrade che facilitavano l’accesso alle montagne e cominciavano a circolare le prime carte IGM.
Queste ultime erano ottime, ma di difficilissima lettura in quanto segnavano unicamente le linee isoipse, che nella rappresentazione topografica di un terreno congiungono i punti che hanno uguale altezza sul livello del mare. Si dovrà aspettare dopo l’uscita del libro per l’introduzione sulle carte di riferimenti a vette, colli, costoni.
In questo contesto uscirono in Francia due bellissimi libri dei coniugi Traynard che sono stati una svolta per il mondo dell’alpinismo in quanto permettevano di trovare facilmente la descrizione di gite interessanti.
Di lì la voglia di replicare qualcosa di simile per le nostre montagne.
Come è andata la stesura del libro?
Inizialmente l’idea comprendeva più persone, poi siamo rimasti in due a portare avanti il progetto. Abbiamo seguito il modello di Traynard: un cappello iniziale seguito dalla descrizione della gita e dalla scheda tecnica che comprendeva quota di partenza, quota di arrivo, esposizione e difficoltà.
L’idea era di lasciare la descrizione volutamente concisa perché la montagna è un ambiente che cambia ed occorre adattare i tragitti in base alle diverse condizioni che si presentano di volta in volta.
Per completare il tutto occorrevano delle fotografie. In quel periodo io stavo iniziando a volare e avevo conosciuto il pilota Roberto Venco. È stato lui a darci una mano, lui guidava e Aruga faceva le foto. In seguito, Venco fece lo stesso servizio di pilota anche per il libro dal Sempione allo Stelvio.
Ora che ruolo ha l’Aruga-Poma nel mondo dello scialpinismo? Si può ancora considerare attuale?
Il libro non è più attuale, si può dire che è superato.
Non tanto per le gite che sono ancora quasi tutte fattibili, ma perché tante cose sono cambiate dagli anni settanta.
La montagna per cominciare. Molte località di partenza non sono più valide perché nel frattempo sono state costruite delle strade che permettono di arrivare più in alto con l’auto oppure ci sono punti in cui una volta c’era la neve e ora si trova la roccia.
Un esempio per tutti: Plattes des Chamois. Se si guarda la foto del libro si vedono ampi pendii in alto, zona crepacciata a metà, percorso roccioso in basso, dove occorre saper scegliere con cura l’itinerario. In altre parole, non era solo un percorso fisico, ma occorreva saper usare, e bene, il cervello. Se si guarda su internet com’è oggi la montagna, come si è ridotto il ghiacciaio, mi chiedo se sia ancora possibile salirla.
Poi c’è stata una vertiginosa evoluzione delle attrezzature e della tecnica. Un tempo non c’erano neanche le pelli di foca e si saliva alla Capanna Margherita con dei cordini che permettevano di fare attrito, poi si è iniziato a usare la trima su cui le pelli venivano attaccate agli sci da un gancio che lasciava però uno spazio dove si formava uno zoccolo di neve. Solo in seguito le pelli sono state incollate allo sci, sci dove gli attacchi erano privi sia dei coltelli laterali che dell’alza tacco (immaginatevi che goduria).
Io stesso ho iniziato a sciare con degli sci alti 210 cm, è evidente che la tecnica era così diversa che anche delle difficoltà tecniche indicate nel libro adesso possono considerarsi completamente superate.
Infine, non c’era internet quando è uscito il libro. Ora sul web si trova tutto ciò che si vuole e le descrizioni dei percorsi sono accompagnate da foto a colori, mentre le nostre foto erano ancora in bianco e nero.
Dopo una vita passata a conoscere la montagna, oggi, che cosa consiglieresti a un giovane scialpinista?
Di essere curioso.
La curiosità per me è sempre stata fondamentale in montagna e ho l’impressione che si stia un po’ perdendo. La voglia di andare in posti nuovi, di sciare su una neve non ancora tracciata, di scegliere se è meglio passare di qua o di là, di prendere una carta e studiare il percorso da fare.
Io penso che sia bello e unico spostarsi dai soliti itinerari, fare riferimento a relazioni insolite oppure partire dallo studio di una carta per capire quali pendii si possono affrontare.
Affidarsi unicamente a relazioni già pronte, andare solo in posti noti, fa perdere parte della magia e della bellezza di trovarsi in posti incontaminati e unici.
Allo stesso tempo, però, bisogna fare attenzione a non cadere in una certa faciloneria. La montagna e la neve richiedono attenzione ed esperienza.
Quindi sì, siate curiosi, ma attenti.