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Guardare le Alpi, la Vedetta ritrovata

di Aldo Audisio

La postazione panoramica al Monte dei Cappuccini compie 150 anni: fra le carte dell’Archivio Comunale spunta un documento inedito sui fatti che portarono alla nascita del Museo della Montagna.

Articolo pubblicato, su richiesta del CAI Torino, per gentile concessione di “Torino storia” – n. 90, maggio 2024, pp. 52-57 – e dell’Autore.


A centocinquant’anni dalla nascita della Vedetta Alpina – la famosa postazione panoramica al Monte dei Cappuccini, attorno cui si formò poi il Museo della Montagna - affiora fra le carte dell’Archivio Storico del Comune di Torino un documento inedito e di grande rilievo, che viene presentato qui per la prima volta. È una lettera datata 5 maggio 1874: un foglio che preconizza la realizzazione della Vedetta. Il documento ritrovato pochi mesi fa dall’autore del presente articolo grazie alla collaborazione degli archivisti Maura Baima (responsabile dell’Archivio Storico) e Andrea Parodi ci fa entrare nel clima in cui Torino, centocinquant’anni fa, prese finalmente consapevolezza dello straordinario panorama che fa da sfondo alla città.

La chiesa di Santa Maria del Monte e la Vedetta e Museo Alpino, 1900 ca.  - Torino, collezione privata

Nei secoli precedenti e fino a tutta la prima metà dell’Ottocento la bellezza del panorama alpino che si osserva da Torino non era stata enfatizzata, né aveva trovato posto nelle pubblicazioni a stampa. Il volume di Modesto Paroletti Turin et ses curiosités ou description historique de tout ce que cette capitale offre de remarquable, pubblicato dai Frères Reycend nel 1819, si apre con l’incisione Vue pittoresque de la Ville de Turin, più volte ripiegata, dove la città – ormai senza mura, a seguito della demolizione napoleonica, e con il ponte Vittorio Emanuele I sul Po, terminato nel 1813 – spicca di fronte alle Alpi poste sullo sfondo. Questa stampa risulta prise de l’esplanade de l’Eglise des Capucins, come recita il sottotitolo, ma il volume di Paroletti, una guida turistica ante litteram, non spende parole sull’evidente catena di rilievi che cinge l’abitato. 

Dovranno passare oltre quarant’anni prima che il Monte dei Cappuccini e l’ammirazione del panorama alpino diventino un elemento dell’immaginario collettivo. Unica eccezione è una tavola di Carlo Bossoli, incisa da Fréderic Salathé, Veduta Generale di Torino. Disegnato dal vero dalla villa Morelli dietro al Monte dei Cappuccini, stampata intorno al 1850, lunga 91 centimetri, antesignana del genere, con indicati i nomi dei luoghi.

L’idea del Club Alpino. Lo storia della Vedetta Alpina si colloca nella seconda metà dell’Ottocento. Sono gli anni dell’unificazione nazionale, ma anche del traumatico trasferimento della Capitale d’Italia da Torino a Firenze, avvenuto il 3 febbraio 1865. A cavallo di questo avvenimento politico - pochi anni prima e qualche anno dopo – si collocano due fatti di rilievo per la vicenda che ci interessa raccontare: il 23 ottobre 1863 al Castello del Valentino venne fondato il Club Alpino di Torino (poi Italiano), il 9 agosto 1874 fu inaugurata la Vedetta Alpina al Monte dei Cappuccini. Quest’ultima diverrà presto Stazione Alpina, poi Museo (sempre Alpino), e dal 1942 Museo Nazionale della Montagna, una struttura che - contrariamente a quanto viene ancor’oggi dichiarato da improvvisati studiosi e operatori - non guarderà mai solo all’alpinismo, ma alle montagne nella completezza d’accezione. Un messaggio da sempre molto innovativo.

Museo e Vedetta Alpina, 1905 ca. La Vedetta è stata dotata di un telo su di una struttura di ferro.  - Torino, collezione privata

Chi scrive questo articolo, come dicevamo, ha recentemente «ritrovato» un documento che racconta la genesi della Vedetta Alpina. Ne è protagonista il Club Alpino, che aveva lanciato l’idea della Vedetta per il suo VII Congresso. La lettera datata 5 maggio 1874 (protocollata il giorno 12) presentò la proposta al Comune di Torino esattamente centocinquant’anni fa e il 9 agosto di quello stesso avvenne l’inaugurazione della Vedetta, il tutto in circa 90 giorni! Tempi oggi inimmaginabili. L’operazione fu sicuramente facilitata dagli attori: il sindaco di Torino Felice Rignon e il consigliere comunale Pio Agodino, ambedue soci fondatori del Club Alpino, e da altri membri dello stesso. Agodino, direttore della Sezione centrale del sodalizio, su carta intestata, scrive dunque la sua lunga lettera che, riletta oggi, ci appare una vera dichiarazione programmatica. 

La lettera di Agodino. «Si è detto più volte con perfetta ragione – leggiamo dal foglio di Pio Agodino – che la nostra città non sa vantare le sue bellezze di vario modo che la rendono gradita ed ammirata dai forestieri. Preziosissima sua prerogativa non abbastanza apprezzata è quella del magnifico panorama delle Alpi, di cui siamo il centro ed i gloriosi custodi. Perciò ora che lo studio delle Alpi ha preso un si potente sviluppo […] che il Club alpino lavora con tutti gli sforzi a rendere quasi famigliare la conoscenza delle più cospicue vette che si disegnano sull’orizzonte: e che la maggioranza dei forestieri che transita per Torino di nulla è più avida che di trovare un sito da cui si goda del maestoso aspetto delle Alpi. […]

Il luogo più appropriato a tale scopo è senza dubbio il monte dei Cappuccini, perché abbastanza eminente e posto in vicinanza dell’abitato. E per verità la sezione alpina di Torino già da qualche tempo aveva l’animo di costrurre una vedetta sul tetto del convento o sulla cupola della chiesa, prendendo gli opportuni concerti col Municipio […]. Ma l’edifizio continuando ad essere a servizio dell’Ospedale militare, e la sezione non tenendo ormai più i mezzi di fare la spesa, il progetto non ebbe alcun esito […]: la Giunta seguendo pur il voto del Consiglio […] voglia essa provvedere alla costruzione d’un apposito padiglione nella località anzidetta e giusta il disegno dell’uffizio d’arte, secondo il quale l’opera sarebbe disposta all’angolo destro del terrazzo: un po’ oltre di esso valendosi d’un muro esistente a basso: e ciò non tanto per lasciare la piazza nel suo perimetro quanto per godere di più vasto orizzonte. Il detto padiglione è di forma ottagona e vi si accede per un ballatoio, eretti ambedue sulla costruzione inferiore.

Chiuso ai lati dell’ingresso e aperto verso le Alpi, vi sarebbe applicato un cannocchiale mobile sovra piede, segnando sul piano del parapetto i punti direttivi delle osservazioni: aspettando che il pittore [Edoardo Francesco] Bossoli conduca a termine un grandioso unico panorama, attorno a cui lavora col massimo impegno. L’ingresso nel padiglione si propone a pagamento ad una tenuissima tassa […]. La Giunta dando sanzione al progetto ed ordinandone la esecuzione farà cosa di molto conto per la nostra città che in questo è sicura di non aver rivale» [Lavori pubblici 1874, cartella 59. Fascicolo 15/16].

Lettera di Pio Agodino al sindeaco Felice Rignon del 5 maggio 1874 con la proposta di realizzazione della Vedetta Alpina. - Torino, Archivio Storico Città di Torino
 

L’inaugurazione della Vedetta. La Giunta municipale nella riunione del 13 maggio, con delibera n. 44, § 5°, approvò all’unanimità la proposta della Vedetta e la trasmise al Consiglio, anche per l’autorizzazione della spesa di lire 1900 [GM 1874, vol. 42]. Nella seduta del 27 maggio, n. 3, l’approvazione fu facile; unica opposizione quella del consigliere Villa che riteneva più confacente l’ubicazione presso l’Istituto per le Figlie dei Militari italiani, un poco più elevato: «tratto caratteristico degli alpinisti è la mania di salire quanto più alto è possibile». Comunque la discussione si chiuse con Villa che «aderisce a ritirare la sua proposta» [CC 1873-4, vol. 26].

L’inaugurazione si tenne in agosto. «Domenica 9 agosto 1874. Ore 7 pomeridiane – inaugurazione del chiostro appositamente costrutto dal Municipio di Torino per la veduta delle Alpi» leggiamo nel programma invito. Ai partecipanti, come segnala la «Gazzetta del Popolo» dell’8 agosto, si raccomandava la massima puntualità e «di vestire abiti adatti».

Per l’occasione il sindaco Rignon volle donare al CAI di Torino una bandiera con lo stemma sociale «opera veramente meravigliosa delle educande dell’Istituto delle Figlie dei Militari» (ancora esposta nel Museo), mentre «il corpo di musica del Municipio rendeva colle sue armonie più brillante la festa, e uno splendido tramonto pare volesse contribuire a rendere più ammirabile il panorama alpino che di là si svolge» e Pio Agodino – «uomo» CAI, consigliere del Comune e della Corte d’Appello, direttore del Museo Civico d’Arte Antica, morto nello stesso anno – accoglieva gli astanti: «Di fronte al magnifico spettacolo delle Alpi, materia prima del nostro assunto[…] noi vi rivolgiamo festanti un cordiale benvenuto» [Bollettino CAI, n. 24, 1876].
Per l’occasione era disponibile il Panorama delle Alpi preso dal Monte dei Cappuccini sopra Torino, opera in litografia di Edoardo Francesco Bossoli, dell’inusuale lunghezza di 177 centimetri, allegato al volume di Andrea Covino con titolo simile.

Biglietto d'ingresso della Stazione Alpina della Sezione di Torino - Monte dei Cappuccini, 1879. con pubblicità di libri e guide di montagna.  - Torino, collezione privata

La nascita del Museo. Il seme gettato sul piazzale del Monte dei Cappuccini diede ottimi frutti. Fu l’occasione per pensare a un museo che si occupasse delle Alpi, o meglio della montagna nazionale in genere. Nessun problema per la sua sistemazione, il Municipio non esitò a concedere l’utilizzo di una parte dell’ex Convento dei Cappuccini che gli era stato ceduto nel 1871 dal Fondo per il Culto. 
Tra i documenti ritrovati nell’Archivio della Città figurano anche due corposi fascicoli, con un’ottantina di fogli: lettere, delibere e atti amministrativi (da cui sono tratte le notizie che seguono) che ripercorrono lo spostamento all’interno, compreso il computo delle spese e la pianta della parte del caseggiato […] adattato a Stazione Alpina, che resterà a lungo immutato [Affari Lavori Pubblici, 1877, cart. 77, fasc. 20 e 1878, cart. 85, fasc. 5].

Pianta della parte del caseggiato del Monte dei Cappuccini stato adattato a Stazione Alpina, 1877. I locali e la Vedetta resteranno a lungo non modificati. - Torino, Archivio Storico Città di Torino

Il 1° maggio 1877 il presidente della Sezione di Torino del CAI Cesare Isaia indicò al sindaco i componenti della commissione per la Vedetta della Stazione Alpina: Serafino Perone, vicepresidente della sezione, Bartolomeo Gastaldi e Giorgio Spezia, direttori, Camillo Boggio e lo stesso Isaia; della medesima data è la Relazione sul progetto di una parte del caseggiato del Monte dei Cappuccini a Vedetta alpina con annessa stazione di studio, a cui segue, il 1° giugno, la Relazione - Occupazione di una parte del Convento del Monte per stabilirvi la Vedetta Alpina dell’ingegnere capo.

Seguirono le approvazioni: la Giunta Municipale il 20 giugno 1877, con delibera n. 38, § 1° Club Alpino – Formazione di una nuova vedetta sul Monte dei Cappuccini, accogliendo favorevolmente la domanda, chiese al Consiglio comunale di autorizzare la relativa spesa di lire 4000. Nella seduta del 27 giugno, n. 3, il Consiglio con votazione per alzata e seduta approvò; il giorno seguente il presidente CAI Isaia ringrazia il sindaco. Il 10 dicembre lo stesso Isaia scrive per sollecitare la liquidazione della quota deliberata, essendo ormai completati i lavori della Stazione e della Biblioteca; seguì il pagamento in tre tranche.

Il 22 dicembre 1877, in appena sei mesi, con tempistica sorprendente, avvenne l’inaugurazione «con qualche solennità», con una spesa di lire 7796, quasi doppia di quella preventivata; poi il 27 marzo la Giunta e il 12 aprile il Consiglio autorizzano l’Aumento di sussidio di lire 1500.

Una lapide per ricordare. Il 20 dicembre 1877 fu stampato dalla Sezione di Torino del CAI il Regolamento per la Stazione Alpina relativo all’ingresso, uso del cannocchiale, biblioteca e disposizioni generali. Questa è la data cui si deve far risalire il battesimo del Museo, come indicato nella lapide che si trova nella sala d’ingresso:

IL MUNICIPIO DI TORINO / CULLA E SEDE DEL CLUB ALPINO ITALIANO / NELL’AGOSTO DEL 1874 / ERESSE LA VEDETTA ALPINA / A RICORDO DEL VII CONGRESSO DEGLI ALPINISTI / NELL’ANNO 1877 / A MAGGIORE INCREMENTO DELLO STUDIO DELLE ALPI / E A MEGLIO FARNE GODERE LA LORO STUPENDA BELLEZZA / ASSEGNÒ QUESTO CASAMENTO CONVENIENTEMENTE RIATTATO / ALLA SEZIONE TORINESE / CHE RICONOSCENTE POSE QUESTA MEMORIA / MDCCCLXXVII

Regolamento per la Stazione Alpina sul Monte dei Cappuccini, 1877. - Torino, Archivio Storico Città di Torino

Ultimo passaggio il 2 luglio 1878 quando Cesare Isaia e Alessandro Emilio Martelli, presidente e segretario CAI Torino, scrissero al sindaco: «L’Adunanza Generale dei Soci […] ha con solenne ed unanime voto deliberato di porgere […] ringraziamenti per il valido ed autorevole appoggio» con gli auspici che l’aiuto continui e si rinnovi, cosa che avviene ancor’oggi. 
Iniziò la vera attività museale, costituita da momenti positivi alternati a rovinose situazioni economiche, anche con chiusure. Non è però questa la sede per riscrivere la storia dell’istituzione, che lo scrivente ha diretto per quarant’anni attuando epocali trasformazioni; per queste vicende rimandiamo al volume Collezionisti di montagne. Museo Nazionale della Montagna a Torino dal 1874, a cura mia e di Veronica Lisino (Priuli & Verlucca, 2014). 

È trascorso un secolo e mezzo, Torino (ahinoi) non pone più nella promozione turistica il panorama dalla collina: Superga, Cappuccini, Cavoretto, Maddalena. Ultima vera valorizzazione è stata quella dell’Ept – Ente Provinciale per il Turismo con i dèpliant: Torino capitale delle Alpi, terminata alla fine degli anni Sessanta del Novecento; probabilmente una questione di sensibilità.
Oggi a Torino si «fanno» tante cose ma non si guardano le montagne, forse l’abitudine e la frenesia quotidiana non lasciano più il tempo per sognare. Un vero peccato.

Tintoria Lionese G. Marron e Officine Diatto con il Monte dei Cappuccini, 1910 ca. - Torino, collezione privata


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