
La via per la nostra emancipazione passa attraverso noi stesse
di Federica Boggio
In occasione della Festa della Donna abbiamo avuto l’occasione di parlare con Stefania Lovera.
Stefania vive nella bassa Valle Stura, in una borgata di cui ormai è l’ultima residente. Vive in montagna e per la montagna, portando avanti la passione sportiva, ma anche l’esempio per una partecipazione della montagna al femminile.
Raccontaci qualcosa di te. Quando ti sei avvicinata alla montagna e come hai deciso di viverci?
Non è mai facile uscire dal guscio dei propri pensieri e delle proprie abitudini e provare a raccontare chi si è. Negli ultimi mesi, poi, sono stata abbastanza silenziosa e ci si disabitua un po' a dare spiegazioni.
Frequento la montagna sin da bambina; mio padre mi ha trasmesso questo amore, come prima il nonno a lui.
Ora ho trent’anni e da più di dodici, ormai, vivo in montagna, anzi quasi quattordici.
Che io viva nella bassa Valle Stura è un po' una combinazione di caso e vari fattori.
Vivevo qui con mio padre e dopo la sua morte, nel 2012, ho deciso di rimanere in questa borgata, di cui dopo anni sono rimasta l'unica residente.
Volevo stare per conto mio a tutti i costi. Avevo già allora una bella testa del cavolo... Dura, ostinata.
Siccome ero molto giovane i primi anni sono stati sopravvivenza pura.
Rocca la Meja, via Correnti Gravitazionali. Foto Roberto Bottino
Cosa vuol dire vivere da soli in una borgata disabitata?
Vivere da soli in una borgata disabitata per molti può sembrare una follia.
La domanda che mi viene fatta più sovente è “ma non hai paura?” e se devo essere onesta non ho mai capito di che cosa.
I problemi più grandi che ho avuto nella vita sono stati causati da altre persone, quindi di per sé quando sono qui da sola mi sento al sicuro perché l'unica a potermi fare del male o del bene sono io, il che non è poco.
Ciò che mi pesa di più è che l'ambiente che mi circonda – non solo in valle, ma più in generale – è spesso molto chiuso e privo (per me) di stimoli positivi.
Non ho molti amici, sia per lo stile di vita che conduco, molto appartato e frugale, sia per il mio modo di essere. Non ho voglia di indossare molte maschere, quindi a tante relazioni di superficie preferisco averne poche ma che vadano più in profondità.
Lo stesso nei miei “rapporti di corda”. Non sempre ho trovato facilmente dei soci di scalata, a dispetto della leggenda per cui le donne non avrebbero problemi a trovarne, e questo è significato avere davvero tanta, tanta pazienza.
Ho imparato a rinunciare spesso e quando ho potuto fare determinate salite me le sono gustate davvero intensamente.
Spero sempre che se c'è un Dio da qualche parte, mi fulmini il giorno in cui non mi entusiasmerò più, o in cui non mi sentirò più fortunata nell'andare in montagna, o in cui non mi stupirò più della bellezza delle piccole cose, come di una montagna di casa su cui sei stato mille volte.
Cascate di ghiaccio in Valle Varaita. Foto Guido Ghigo.
Quando è arrivata la passione per l’arrampicata?
Ho iniziato ad aprirmi al mondo esterno tra il 2014 ed il 2015, anno in cui ho deciso di partire dalla porta di casa e raggiungere Santiago de Compostela a piedi, impiegandoci circa tre mesi e percorrendo oltre 2000 km.
Dopo questa esperienza mi sono avvicinata all'arrampicata. Non alla montagna, perchè la montagna, come detto, la frequentavo da quando ero bambina.
Negli anni non ho mai smesso del tutto di frequentare l'ambiente alpino, nonostante le difficoltà e le ristrettezze economiche. Ho gironzolato molto anche da sola, per creste e canali, in cerca di sensazioni che mi facessero sentire viva.
Anno dopo anno sentivo come un richiamo che si è fatto sempre più forte, ho iniziato a sognare di ritrovarmi in piena parete, fantasticando tra le pagine dei racconti di Comici e di Bonatti.
Iniziare ad arrampicare era inevitabile. Così è iniziato sul serio il secondo capitolo della mia vita, sono rinata.
Ora come ora vivo per la montagna, non faccio altro che corteggiarla continuamente, in tutte le stagioni, per mezzo di tutte le discipline ad essa legate, cercando di migliorare me stessa per poterla approcciare in modo sempre più severo e al contempo intimo.
Negli ultimi anni, a seguito di alcune esperienze di vita molto forti, è maturato infine il sogno di vivere di montagna, ma non in un modo qualunque, bensì in un modo che piaccia a me, in cui mi rispecchi, mi riconosca e mi senta felice e completa: spero di poter partecipare ai corsi da guida alpina.
Innumerevoli persone mi hanno detto di dedicarmi a qualcosa di più facile, soprattutto qualcosa di più facile da raggiungere per una donna. Ma io non mi do per vinta e non sono disposta a lasciarmi influenzare da pregiudizi, ahimé, ancora molto radicati.
Corno Stella, Diedro Rosso. Foto Enrico Frachino
Oggi è la Festa della Donna, come pensi che si presenti l’ambiente montano per una donna? Secondo te le donne in montagna si possono sentire libere?
Inutile dire che la montagna vissuta al femminile sia un tema che mi sta a cuore.
Di per sé mi piace sempre raccontare che in montagna io non mi sento “donna” o “uomo”, ma “me stessa”, un essere vivente che a prescindere dal genere sta vivendo in armonia con ciò che ama.
Poi, purtroppo, molto spesso la cosa ti viene ricordata e, spesso, in modo non richiesto! Quante frecciatine, quante battute, quante cose date per scontate negli anni! Non parliamo di quando si è in giro da sole, lì è proprio l'apocalisse!
E' capitato che alla partenza di un tiro in cui dovevo salire da seconda di cordata (solitamente salgo le vie a comando alterno con la maggior parte dei miei soci/e quindi ci sono momenti in cui salgo da prima e altri in cui per forza di cose salgo da seconda) un ragazzo dietro di noi iniziasse a spiegarmi come muovermi dando per scontato che non fossi capace.
Nel tempo c’è sempre stato chi ha dato per scontato che non sapessi fare correttamente delle manovre o che un certo tipo di scalata non facesse per una donna, c’è stato chi ha detto che non avrei mai “chiuso” un determinato “grado”, chi ha riconosciuto meriti ai miei soci e non a me, e così via.
In generale, ho spesso sentito di non avere le stesse possibilità in un ragazzo, però ho imparato a conviverci e nonostante dei momenti bui – non si è sempre indifferenti a tutto! - non permetto a nessuno di sminuire la mia passione e la sua genuinità.
C'è anche chi è arrivato a dire a mo' di battuta (che simpatico) che se avessi continuato a fare ciò che faccio (nello specifico l'arrampicata su ghiaccio, che io amo molto) mi sarei ammazzata ben presto. (Tié, mi faccio le corna).
Cioè queste battute non le si fanno ad un ragazzo, chiaro
Si dà per scontato che siamo più paurose e impressionabili, ma vi garantisco che è davvero un pregiudizio stupido.
Così come ci viene spesso raccomandato molto più che ai ragazzi di “metterci la testa” ed essere molto prudenti e di non superare i limiti...
Credo che sia fondamentale lavorare sulla nostra autostima.
Se si ha passione sincera si dovrebbe cercare di costruire amicizie di scalata al femminile ed essere consapevoli noi in primis, al di là di tutto e di tutti, di poter fare le stesse cose che fanno i ragazzi.
Avere una socia, una compagna di scalata, con cui crescere insieme e inseguire sogni e progetti è una soddisfazione ed un piacere per cui forse mi mancano le parole.
Auguro a tutte di provarlo in prima persona.
La via per la nostra emancipazione passa attraverso noi stesse.
Pilier Gervasutti. Foto Roberto Bottino
Da Donne di Montagna ad Alpinismo Femminile Cuneo: parlaci del tuo contributo e delle tue attività con e per le donne.
Negli anni ho spesso pensato di non essere di alcuna utilità per la società. Diciamo che la società dal canto suo si è anche impegnata a farmi sentire inutile, in primis il mondo del lavoro.
Negli ultimi anni ho capito che invece un piccolo contributo posso darlo anche io, sia per le donne, nel contesto della montagna, ma non solo.
Tutto è iniziato quando, nel 2020, sono stata scelta per un anno come Ambassador della community Donne di Montagna, ruolo tramite il quale dovevo proporre dei contenuti volti ad ispirare altre ragazze accomunate da questa passione, spesso intimorite a mettersi in gioco in autonomia.
Ho continuato raccontando sui social la mia brutta esperienza di violenza vissuta a causa di una relazione andata male e questo mi ha portata ad interagire con numerose ragazze e donne, facendomi a comprendere quanto la violenza di genere sia molto più diffusa di quanto vorremmo pensare, quasi in modo capillare.
Infine, l'anno scorso con alcune amiche abbiamo creato una pagina Instagram, ed ora un blog, a tema alpinismo femminile, in cui vogliamo ispirare, nel nostro piccolo, altre ragazze, spingendole a credere in sé stesse e coltivare le proprie passioni.
Ci seguono anche tanti ragazzi e speriamo davvero che sia un buon segno... che qualcosa inizi finalmente a cambiare!
La pagina si chiama Alpinismo femminile Cuneo!
Traversata delle Grandes Jorasses. Foto Camilla Reggio
Sei una persona che ama imparare a fare tante cose in casa, una di queste è il lavoro a maglia, trasmesso inizialmente dalla nonna paterna. Da qui è nato Knit 4 a dream, di cosa si tratta?
Knit 4 a Dream, che significa “sferruzzare per un sogno”, è un piccolo progetto artigianale a cui ho dato vita nel lockdown, quando avevo perso il lavoro per l'ennesima volta. Nasce come idea per racimolare qualche soldino per attrezzature e formazione: insomma un piccolo contributo per il mio sogno dei corsi da guida.
Così sto continuando a realizzare dei manufatti, per lo più accessori quali berretti, colli e fasce, ispirati alla montagna e spesso pensati per chi la montagna la vive e la frequenta in tutte le sue forme.
Lavoro sia con i ferri tradizionali che con una macchina da maglieria, una specie di telaio ad aghi a funzionamento interamente manuale che rappresenta uno dei tanti mestieri quasi perduti delle nostre vallate e non solo.
In questo senso è anche una piccola responsabilità e ci tengo molto a raccontare, soprattutto ai giovani, questa lavorazione davvero poco conosciuta. Sarebbe bello che anche questo progetto diventasse qualcosa di più strutturato, ma non voglio perdere di vista il vero obbiettivo, che mi assorbe davvero tante energie: i corsi da guida alpina.
Non voglio fare tante cose insieme e farle tutte male, ma il poco che riesco a fare, che sia montagna o che sia artigianato, voglio che sia ben fatto.
Federica Boggio
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