

John Muir e lo Yosemite
di Marina Angione
Il Yosemite National Park è diventato una mecca per gli arrampicatori di tutto il mondo. Pareti come El Capitan e l’Half Dome hanno raggiunto una notorietà senza precedenti e rappresentano il sogno proibito di moltissimi climbers. Nonostante la sua popolarità, il parco ha conservato nel tempo la sua integrità naturale e la sua bellezza selvaggia. Ma tutto questo come è stato reso possibile? John Muir, con la sua difesa appassionata e la sua visione di preservazione è stata una figura chiave per la protezione di questi luoghi preziosi e per lo sviluppo dell’ecologia e dell’attivismo ambientale in senso moderno.
Nella seconda metà del XIX secolo l’attività estrattiva negli Stati Uniti aveva già iniziato a sfigurare visibilmente il paesaggio e l’agricoltura intensiva e l’industria del legname minacciavano di compiere altrettanti danni. Fortunatamente iniziava già a circolare l’idea che gli ambienti montani non fossero solo luoghi sacri da ammirare come seducenti cartoline ma che avessero bisogno di essere protetti dalla mano distruttiva dell’uomo.
John Muir, padre dei parchi nazionali americani e fondatore del Sierra Club (la prima associazione ambientalista americana), si inserisce in questo contesto per lasciare una traccia che oggi vogliamo ricordare.
Di origine scozzese, emigrò negli Stati Uniti all’età di 10 anni con la sua famiglia, dove si stabilì in una fattoria del Wisconsin. All’età di vent’anni Muir era un giovane che aveva lasciato l’università, portava la barba lunga e conduceva una vita vagabonda facendo i lavori che gli capitavano. Aveva una spiccata passione per la botanica, amava spostarsi a piedi e aveva pochi soldi in tasca. Ritrovatosi a San Francisco, allora un piccolo paesino in via di sviluppo, durante uno dei suoi girovagare in giro per l’America, fece la cosa che gli veniva più naturale in assoluto: seguire la direzione delle montagne più vicine. Fu così che raggiunse la Sierra Nevada, che in seguito rinominò la “Catena della Luce”.
All’interno della regione centromeridionale della Sierra Nevada si trova la valle dello Yosemite, che Muir descrive così:
“Il grande Tissiack, o Half Dome, che sorge all’estremità superiore della valle e raggiunge quasi un miglio di altezza, ha nobili proporzioni ed è la più realistica e impressionante di tutte le cime; cattura l’occhio in un’ammirazione devota, lo chiama dalle cascate e dai prati, e anche dalle montagne più in là – meravigliose pareti di roccia, profonde e splendidamente scolpite […]. Milioni di anni sono rimaste sotto il cielo, esposte a pioggia, neve, gelo, terremoti e valanghe, eppure ancora appaiono nel pieno vigore della gioventù.”
Il suo legame con questo luogo fu istantaneo e profondo, Muir vi ci ritornò negli anni successivi facendo dei lavoretti per mantenersi, ma principalmente per esplorarlo in solitaria. Passò il suo tempo a scalare senza corda né attrezzatura, raccogliendo piante e disegnando, e annotando pensieri e osReinholdni come quelli raccolti nel suo “La mia prima estate sulla Sierra”.
I suoi scritti e le sue pubblicazioni diventarono sempre più noti anche negli ambienti più influenti e questo contribuì a influenzare le scelte dei governi dell’epoca verso una direzione più ambientalista. In Yosemite Muir aveva trovato la sua vocazione, trasmettere l’importanza di preservare gli ambienti più selvaggi e incontaminati dall’avanzare dello sviluppo industriale.
Pare che negli anni Settanta, attraversando le Alpi, il fotografo naturalista americano Galen Rowell aveva chiesto a Reinhold Messner come mai la catena montuosa più importante d’Europa fosse costellata di hotel, ristoranti, tunnel e funivie mentre nell’ovest degli Stati Uniti il paesaggio fosse rimasto relativamente incontaminato e Messner aveva risposto: “Voi avete avuto Muir”.
La valle dello Yosemite è diventata il punto di ritrovo deli arrampicatori da tutto il mondo già negli anni cinquanta, raggiungendo un picco di notorietà grazie ai media internazionali che nel 2015 hanno ripreso le gesta di Tommy Caldwell e di Kevin Jorgeson sul Dawn Wall e due anni dopo quelle di Alex Honnold in free solo su El Capitan, uno stile di arrampicata sicuramente vicino a quello di Muir, amante della filosofia di scalata più pura e ultra minimalista.
Una via sulla parete sudovest di El Capitan è stata intitolata a Muir e la sua storia e il suo pensiero risuonano molto forti ancora oggi all’interno del parco.
L'eredità di John Muir si estende ben oltre la sua vita. Le politiche di conservazione che ha promosso hanno permesso a milioni di persone di godere della bellezza di questo luogo senza comprometterne l'integrità naturale. Il parco continua a essere un santuario per la vita selvatica, un'area di ricreazione per gli appassionati di avventura e una fonte di ispirazione per gli ambientalisti di tutto il mondo.
Muir probabilmente approverebbe tutta l’attenzione mediatica che il parco ha ricevuto negli anni, convinto che il mostrare ad un più ampio pubblico possibile l’importanza del sistema dei parchi li avrebbe protetti da chiunque volesse indebolirne l’istituzione per perseguire interessi personali e/o economici.
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