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Medici e infermieri del CNSAS: professionalità eccezionali a servizio degli altri

di Marina Angione

All’interno del CNSAS (Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico) operano più di 700 medici e infermieri che, insieme a tutti gli altri volontari, ogni giorno mettono in campo il proprio tempo, la propria professionalità e passione per prestare soccorso in ambiente montano, ipogeo e in ogni altro ambiente impervio. 

Fabio Passet, coordinatore dei medici e degli infermieri del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese, ci racconta la sua esperienza da soccorritore, le difficoltà e le soddisfazioni di chi fa parte di questa squadra straordinaria.


Puoi raccontarci di come sei diventato soccorritore? Come mai hai deciso di intraprendere questo percorso?

Da frequentatore della montagna conoscevo bene la necessità di soccorrere le persone vittime di incidenti, ero già volontario in Croce Rossa ed ero molto incuriosito da questa opportunità anche se all’inizio mi spaventava un po’, la vedevo come una cosa troppo difficile. Poi è passato un po’ di tempo, nel frattempo sono diventato infermiere, e un mio amico del Soccorso Alpino mi ha chiesto se volessi intraprendere questa strada. A quel punto mi sono convinto, e devo dire che l’esperienza in montagna accumulata nel frattempo ha reso il tutto più accessibile.

 

Com’è il percorso per diventare soccorritore? E’ differente per il personale sanitario? 

Il percorso per entrare nel Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico è il medesimo per tutti i volontari, anche per chi pratica una professione sanitaria.
Alle selezioni ci sono prove di arrampicata su roccia e movimentazione in ambiente invernale con sci da scialpinismo e ramponi. Il livello tecnico richiesto è molto alto e il motivo è che durante un intervento bisogna provvedere oltre alla propria sicurezza anche a quella della squadra e del paziente, basti pensare a tutto il materiale tecnico e ai presidi sanitari che vanno trasportati all’interno del proprio zaino, oltre al materiale individuale.

 

Puoi raccontarci che ruolo ha il personale sanitario all’interno del Soccorso Alpino? 

Una parte del personale del Soccorso Alpino è composto da professionisti sanitari, quindi medici o infermieri. In particolare i sanitari del soccorso alpino si occupano del trattamento sanitario dei pazienti quando il servizio di Elisoccorso non può intervenire, della formazione dei propri volontari, di ricerca e sviluppo rispetto ai nuovi materiali e presidi sviluppati, di formazione e informazione alla popolazione, dei rapporti con la componente sanitaria del Sistema di Emergenza Territoriale. 

Quali sono gli aspetti più complessi da gestire?

Uno degli aspetti più complessi è legato all’ambiente in cui operiamo, le squadre del Soccorso Alpino spesso si muovono quando i mezzi aerei non possono volare, quindi casi di scarsa visibilità o forte maltempo. Questo implica che gli interventi siano spesso molto lunghi ed è necessario avere grande resistenza fisica e mentale.
Un altro aspetto complesso è gestire pazienti con problematiche sanitarie importanti senza avere accesso a grandi ausili medici, visto l’ambiente in cui ci muoviamo. 
Inoltre è fondamentale fornire un supporto psicologico alla vittima, ai suoi compagni e familiari ma non è sempre facile perché a volte vivono situazioni di grande difficoltà. L’intervento dura spesso diverse ore ed è importante instaurare un rapporto di fiducia con la persona e creare fin da subito un legame.

 

Cos’è invece che ti motiva di più e ti dà la carica per andare avanti?

Quando si diventa un soccorritore alpino si entra a far parte di una famiglia. Ho grande stima verso i miei compagni per la capacità di resistere in condizioni davvero difficili; se nessuno molla, non molli neanche tu, questa è una grande forza. 
Questo ambiente è composto da persone davvero speciali, mosse dall’altruismo puro e dalla volontà di aiutare chi ne ha bisogno.

Hai consigli per chi vorrebbe intraprendere questo percorso? 

In primis è necessario essere un frequentatore della montagna. Bisogna essere in grado di badare non solo a sé stessi ma anche a qualcun altro. Con questo presupposto, e se c’è la volontà di aiutare, consiglierei di entrare dando tutto l’aiuto possibile. 
Direi loro che prestare soccorso è innanzitutto un grande privilegio e di non spaventarsi per tutte le manovre tecniche e sanitarie che bisogna imparare, è un percorso in cui si viene sempre aiutati a crescere e migliorare.

 

C’è un intervento che ti è rimasto particolarmente nel cuore? 

Arrivavo da tre giorni di esercitazione insieme ad un collega e siamo stati allertati per un soccorso complicato in alta val Chiusella. A quel punto abbiamo invertito la rotta e invece che tornare a casa ci siamo indirizzati verso il luogo dell’evento.
Il paziente aveva un trauma facciale e spinale importante. Durante il trasporto, che è durato tutta la notte, ha avuto quattro arresti cardiaci ma nonostante questo è arrivato in Pronto Soccorso vigile e cosciente. 
La chiave di questo intervento è stato il lavoro di squadra. La leadership veniva presa alternativamente dalla componente tecnica e da quella sanitaria in base alle problematiche che l’ambiente e il paziente presentavano. Nonostante l’enorme difficoltà dell’intervento c’è stata una perfetta sintonia e fiducia tra tutti i componenti della squadra, ognuno si è fidato dei propri compagni e ne ha rispettato i ruoli e le esigenze.

 

Quali sono le condizioni più frequenti in cui vedi verificarsi gli incidenti? 

In generale in questi anni si è assistito a un progressivo aumento della frequentazione della montagna, che ha portato contestualmente ad un aumento degli interventi.
Una condizione molto frequente è la caduta degli escursionisti o l’incapacità di proseguire lungo l’itinerario, in questo periodo riceviamo molte richieste per cadute o scivolamenti dei cercatori di funghi oppure interventi per la ricerca di dispersi.

Quanti incidenti si potrebbero evitare? Ci sono dei consigli utili da dare per la prevenzione degli incidenti?

La maggior parte degli incidenti sarebbero evitabili rispettando alcune semplici regole per la prevenzione del rischio: 

  • Fare una gita comparata alle proprie capacità;
  • Preparare la gita informandosi sulle condizioni metereologiche e studiando bene l’itinerario;
  • Avere materiale e equipaggiamento adeguato e avere buona conoscenza dello stesso. 

Per tutti i frequentatori della montagna e pensando in modo particolare all’attività di ricerca funghi, è importante ricordare che è buona norma essere accompagnati da qualcuno, mantenere il contatto visivo o via radio con il compagno, indossare indumenti visibili, calzature adeguate, evitare pendenze troppo elevate, lasciar detto dove si va, portare con sé un kit di primo soccorso con telino termico.
Una nota particolare è giusto farla specialmente per la prevenzione dell’ipotermia, che può colpire chiunque a prescindere dal tipo di incidente, si può verificare anche in estate. È sufficiente stare fermi in contatto con il suolo, specialmente se bagnato, per incorrere in questa condizione che può causare ulteriori complicazioni. In questo caso, è importante proteggere l’infortunato dal freddo e dal vento facendo indossare un cappello caldo, mettendo il telino termico, sostituendo gli indumenti bagnati e, se la persona è cosciente, dando da bere liquidi caldi. 


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