img
img
calendario

I limiti sono solo nella nostra testa – incontro con Andrea Lanfri

di Marina Angione

Andrea Lanfri è nel Guinness World Record, sta completando una ad una tutte le scalate alle vette più alte di ciascun continente, ha inventato il progetto From zero to zero (dal mare a una cima di corsa/bici arrampicata e ritorno nel più breve tempo possibile), nel 2022 è diventato il primo atleta pluriamputato ad aver raggiunto la cima più alta del pianeta: l’Everest.

È un’atleta che ha collezionato una serie infinita di successi e di risultati fuori dall’ordinario e ha vissuto avventure in tutto il mondo. È però anche la stessa persona che, quando gli abbiamo chiesto quale fosse stato il momento in montagna che si porterà nel cuore per tutta la vita, ci ha risposto: “l’odore del bosco che ho sentito quando per la prima volta sono riuscito a tornare sulle mie Alpi Apuane”. 

Andrea Lanfri era un ragazzo normale, amava la scuola, lo sport e la montagna fino a che un giorno del 2015, a 29 anni, un batterio gli ha portato via entrambe le gambe e sette dita delle mani: meningite fulminante con sepsi meningococcica. Un piccolo intoppo, come lo chiama lui. 

Da allora Andrea ha cominciato un percorso lungo e doloroso che grazie alla sua tenacia straordinaria lo ha portato a raggiungere le vette più alte al mondo e a dimostrare che i limiti sono solo nella nostra testa. 

Il suo obiettivo è sempre stato quello di tornare a fare le stese cose di prima. Ora Andrea racconta che non fa le stesse cose di prima... ma molte, molte di più.



In un'intervista hai detto che quando ti sei risvegliato in ospedale hai subito reagito con grande forza e non hai mai dubitato che saresti riuscito a tornare in montagna e a vivere la vita che volevi. È andata davvero così? Non hai avuto dei momenti bui in cui pensavi che non ce l'avresti fatta?

“Già in ospedale sono ripartito con la convinzione che sarei riuscito a tornare a tutte le attività di prima però pensavo che sarebbe stato molto più facile. Ho avuto dei momenti bui ma non duravano né giorni né ore, duravano minuti. In quella fase quando sono uscito dall’ospedale e ho provato a rimettermi in pista ho collezionato una lunga serie di fallimenti. Provavo a fare delle cose e quando vedevo che non riuscivo era una bella batosta, però il giorno dopo ci riprovavo. “

La forza mentale che hai è innata oppure è venuta fuori in quell'occasione?

“Un po’ c’era già. Da piccolo sono sempre stato molto ottimista. Io dico sempre che chi va in montagna, chi fa alpinismo, chi arrampica non può arrendersi alla prima difficoltà. Deve essere aperto a trovare soluzioni, altrimenti non si riesce a fare niente.  La malattia ha indubbiamente portato questa voglia di non arrendersi ad altri livelli.”

Raccontaci un po’ di te, qual è l'attività che ti piace di più fare in montagna e qual è stata finora l'avventura che ti ha entusiasmato di più e ti porti dentro in modo particolare?

“L’attività che mi piace di più fare in montagna è senza alcun dubbio alpinismo, creste, neve, ghiaccio. Mi affascina tanto sia per l’ambiente in cui sei sia per l’attività in sé. Al secondo posto indubbiamente l’arrampicata e poi tutte le altre.

Le esperienze che ho vissuto sono state tutte uniche e bellissime. Ricordo in modo particolare però la prima volta che ho ripreso a fare trekking sulle mie Alpi Apuane e i miei primi piccoli successi. Quelli li ricordo in maniera eclatante perché mi mancavano tantissime cose, quando ero in ospedale desideravo veramente tanto ritornare tra le montagne. Ricordo le prime volte che sono tornato su e ho sentito gli odori del bosco, delle montagne, ero veramente esaltato. Quelle sono state le emozioni più forti. 

Parlando di avventure invece non è facile. Indubbiamente l’avventura che ho vissuto l’anno scorso sull’Everest…oltre all’esperienza alpinistica e la vetta ricordo l’avvicinamento, i pensieri, la tensione di quei momenti. E’ stato tutto bellissimo e indimenticabile.”

Foto di Ilaria Cariello


calendario