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I cento anni della GEAT

di Roberto Boselli, GEAT

Sono ormai trascorsi cento anni abbondanti dal novembre 1920, quando in un caffè di Corso Valentino (oggi Corso Marconi) a Torino, ad opera di un gruppo di 20 giovani appassionati di montagna, fu fondata la GEAT (Gruppo Escursionisti Accademici Torinesi).

Sino al 1929 il gruppo mantenne la sua autonomia nell’ambito della Federazione Italiana Escursionismo, da quel momento confluì nella Sezione torinese del CAI. Di quel primo periodo si sono perse molte tracce. Esiste un documento di poco successivo con i nomi dei fondatori (plausibile che tra gli stessi vi fossero ex combattenti smobilitati della Grande Guerra) e del susseguirsi delle sedi sociali, di cui la prima presso il caffè Tirozzo, di corso Valentino appunto. In quel 1929 ebbe luogo anche l’inaugurazione del Rifugio Val  Gravio nella omonima Valle sopra San Giorio di Susa, nonché di un adiacente pilone votivo a ricordo dei primi geatini caduti in montagna.

Dopo questo primo decennio, come si è fatto notare, il sodalizio entrò in una sorta di cono di ombra sino al 1945 alla fine delle Seconda Guerra Mondiale: tra l’altro un triste lascito del periodo bellico fu la distruzione del primo Rifugio Val Gravio ad opera dei nazifascisti, quale rappresaglia contro le bande partigiane della Val Sangone.

Con la fine della guerra, la GEAT ricomincia la sua vita con il nuovo e definitivo acronimo, "Gruppo Escursionisti Alpinisti Torinesi" e dà inizio al periodo forse più glorioso della sua secolare esistenza.

La presidenza dell’associazione viene assunta dal Cav. Eugenio Pocchiola che ne reggerà le sorti per un quarantennio. Pocchiola è titolare di una impresa tipografica e a partire da questo momento, tra le altre incombenze, curerà la pubblicazione di un bollettino riportante articoli scritti da soci e appassionati, oltre che resoconti di salite e imprese dell’anno appena trascorso. Questi documenti costituiscono una ricca fonte di informazioni sulla vita sociale e sui personaggi che hanno frequentato la sottosezione.

Alberto Marchionni, geatino storico, frequentatore e successivamente istruttore della Scuola Gervasutti, ha ben descritto il periodo “pocchioliano” di quegli anni, parlando di “una sinistra stanzetta male illuminata al fondo della sede CAI di via Barbaroux dove si trovavano due coniugi già un pochino avanti con l’età che sembravano sempre in attesa di qualcuno”.

Dopo una iniziale perplessità, Marchionni scoperse tuttavia che molti frequentatori della Gervasutti, nonché alpinisti di punta della città, erano soci della GEAT.

Il richiamo di Marchionni alla Scuola Gervasutti consente ora di citare alcuni tra gli alpinisti soci del sodalizio, che, dalla seconda metà degli anni quaranta sino alla fine degli anni Settanta, hanno scritto pagine fondamentali nella storia dell’alpinismo torinese e alcuni di essi anche di quello italiano e internazionale.

Sperando di non fare tragiche dimenticanze, vanno qui ricordati: Piero e Lino Fornelli, Antonio Sannazzaro, Franco Nebbia, Lionello Leonessa, Ennio Cristiano, Giuseppe Garimoldi, il già citato Marchionni, Giorgio Viano e soprattutto Ugo Manera e Gianpiero Motti.

Alla Presidenza Pocchiola va altresì’ ascritta la ricostruzione del Rifugio Val Gravio, reinaugurato nel 1951 e da allora oggetto di successivi ampliamenti e ristrutturazioni che permangono tuttora.

Come in ogni vicenda umana di lunga durata anche nella storia GEAT ci sono momenti di dolore per perdite di soci caduti  in montagna.

Tra tutte queste disgrazie ce n’è tuttavia una che ha segnato in profondo la storia della sottosezione quasi come uno spartiacque del suo secolo di vita ed è la morte, il 12 maggio 1974 sul Monte Colmet in alta Valle d’Aosta, di Marco Pocchiola, figlio del Presidente, e del suo compagno di escursione scialpinistica Giuseppe Meneghello.

Nondimeno Eugenio Pocchiola, sia pure provato da questo lutto, mantenne ancora la gestione della Geat per un decennio dedicando la sua energia anche alla costruzione di un apposito Rifugio in ricordo dei due caduti nel Vallone di Piantonetto, intitolato ai medesimi.

Analoga attività si è svolta per ricordare altri caduti in montagna e oggi la Sottosezione GEAT è titolare anche degli altri bivacchi Franco Nebbia, Gino Revelli, Fratelli Leonessa.

Gli ultimi quaranta anni non sono più quelli eroici del dopoguerra e non ci sono più alpinisti di punta come i già citati Manera o Motti, tuttavia la socialità è rimasta intatta, dalle gite sociali (alpinistiche, escursionistiche, scialpinistiche, trekking di più giorni), sempre presenti nel calendario annuale del CAI Torino, alla festa presso il Rifugio GEAT Val Gravio per concludere con le annuali ispezioni (e relative manutenzioni) effettuate sempre ad opera dei soci volontari ai bivacchi della sottosezione.

Qualche new entry, sia pure con piccoli numeri si coglie ed è un buon segno; un tempo la “lingua ufficiale geatina” era il piemontese, oggi non potrebbe che essere l’italiano aperto a tutti i frequentatori provenienti da altre regioni o recentemente anche da altri paesi; sono trasformazioni che testimoniano comunque una vitalità che segue il cambiamento dei tempi.

In ogni caso se da parte di tutti si saprà mantenere lo spirito di semplicità, amicizia e accoglienza inclusiva delle origini, mai venuto meno in tutti questi anni, si potrà continuare a percorrere il cammino intrapreso in quel lontano 1920.

 

Roberto Boselli

GEAT – Sottosezione del CAI Torino


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