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Il libro ritrovato - William Beattie, The Waldenses (G. Virtue - London 1838)

di Gianluigi Montresor

Recita il sottotitolo: “or Protestant Vallleys of Piedmont, Dauphiny, and th Ban de la Roche”

Autore: il reverendo William Beattie;  Illustratori: W.H. Bartlett e W. Brockedon

Stampato a Londra nel 1838, ricco di 70 preziose incisioni in acciaio di due grandissimi illustratori

La sigla MD accanto all’autore indica Doctor of Medicine; accanto a Bartlett la sigla ESQ (Esquire), titolo nobiliare inglese legato a proprietà terriere o a parrocchie; la sigla FRS accanto a Brockedon indica invece un socio (Fellow) della Royal Society.

Libro molto ricercato, ma non così raro, spesso sfortunatamente smembrato per l’utilizzo improprio delle incisioni.

"C'est un des plus beaux ouvrages illustrés qu'ait produit la librairie moderne, et le plus remarquable, sans contredit, de tous ceux qui ont eu pour but de faire connaitre par la gravure, les sites des vallées vaudoises" – (Pine-Coffin,838)

Può stupire che nomi importanti della società londinese si siano scomodati con due campagne (condotte nel 1834 e 1835) per visitare in lungo e in largo personalmente le Valli Valdesi del Piemonte (Pellice, Chisone, Germanasca, marginalmente Susa) e del Delfinato, spingendosi fino a Ginevra.

Ma, come spiegato ampiamente da Beattie nell’introduzione, ci troviamo nel 1838, all’inizio del decennio fondamentale che porterà alle rivoluzioni del 1848, alle Regie patenti prima e allo Statuto Albertino poi. E’ proprio nel nome di Carlo Alberto e delle sue aperture più volte dichiarate, che i Protestanti d’oltremanica, evidentemente sollecitati dalle comunità valdesi, compiono questo viaggio e pubblicano questo libro prezioso, esaltando contemporaneamente la gloriosa storia della resilienza valdese alle persecuzioni dei secoli precedenti, ma anche le meraviglie naturalistiche delle valli attraversate. 

Sono gli anni in cui le feroci repressioni della restaurazione post-napoleonica trovano sempre maggiori resistenze, non solo nei moti carbonari, ma nella consapevolezza dei ceti medi, soprattutto interessati al commercio, che le monarchie assolute sono in procinto di essere spazzate via. (Il fortunato recente best seller di Benedetta Cibrario “Il rumore del mondo” è proprio ambientato in Piemonte in questo decennio e fornisce la chiave per comprendere una società in rapido movimento, attraversata da inquietudini e fermenti che sfoceranno nel mitico 1848). 

In particolare il superamento delle differenze religiose sta alla base dell’intento del volume, che è dedicato esplicitamente a protestanti e cattolici indifferentemente.

Scrive Beattie nella prefazione:

“Sua Maestà Carlo Alberto di Sardegna si è dimostrato molto ben disposto verso i Valdesi, e non c’è alcun dubbio che la loro emancipazione potrebbe compiersi semplicemente per un cenno della Corona, e quella linea di una vergognosa separazione, che per tanto tempo e con sofferenze ha diviso gli abitanti delle Valli da quelle della Pianura, potrebbe essere velocemente spazzata via. Il suo incoraggiamento della letteratura e della scienza, il suo patrocinio delle belle arti, la sua promozione di ogni strumento per la crescita dell’orgoglio della nazione, la sua particolare stima per meriti individuali, e molti particolari segni di apprezzamento verso i Valdesi stessi, tutto concorre a credere che Egli mostri il cuore di un aperto e illuminato Sovrano”.

E’ con queste speranze che i nostri compiono questo viaggio attraverso le terre dei Valdesi, descrivendo luoghi meravigliosi, ma contemporaneamente ripercorrendo i sentieri della “Glorieuse Rentrée” del 1689, quando 1.000 Valdesi che si erano rifugiati tre anni prima a Ginevra durante le sanguinose persecuzioni dei Savoia, decidono di rientrare nelle loro terre. 

Sotto la guida di Enrico Arnaud, armati fino ai denti ma soprattutto determinati, riescono, in soli 16 giorni, superando tutti gli ostacoli, a valicare numerose valli, fino ad arrivare a Bobbio Pellice: “Chiablese, Faucigny, Maurienne, con i colli del Bonhomme, Iseran, Moncenisio, Clapier, con l’intento di raggiungere a marce forzate l’agognato “rifugio valdese”, per le alte valli della Dora Riparia e del Chisone” (Etnie). Per chi volesse saperne di più...

(Torino dalla Vigna della Regina)

I luoghi attraversati e documentati dalle mirabili incisioni di una precisione sconcertante sono principalmente gli stessi di quella gloriosa epopea. A complemento, si spingeranno anche in alcune valli del Delfinato e  della Svizzera.

(Gran Madre, inaugurata nel 1818, e il Monte dei Cappuccini dal ponte di Piazza Vittorio)

Ma il primo capitolo è dedicato a Torino, certamente come omaggio al Re, illustrando magistralmente la capitale del Regno con angolazioni sorprendenti.

(si noti la precisione meticolosa con cui sono rappresentati da Superga: il Monviso, i Picchi del Pagliaio, l’imboccatura della Val di Susa con la Sacra di San Michele, il Musinè, il Rocciamelone; in primo piano la confluenza tra il Po e la Dora Riparia)

 

La glorieuse rentrée


(Verso Pragelato e il colle del Pis)

Nel libro possiamo seguire tutte le tappe della “glorieuse rentrée”: dopo esser giunti al Piccolo Moncenisio, scendono la Val Clarea, a Giaglione si scontrano vittoriosamente con le truppe dei Savoia, poi a Salbertrand “miracolosamente” sbaragliano le truppe francesi.

(il Lago Nero di Val Clarea)

Passati sull’altro versante salgono nel Gran Bosco fino alle Grange Seu, poi a Monfol, fino a giungere sulla cresta che divide la Val di Susa dalla Val Chisone alla Gran Costa, vicino al Colle dell’Assietta.

(La battaglia di Salbertrand)

Le tappe successive, che i nostri autori documentano, sono: la Val Troncea (Jousseaud), il Colle del Pis con l’ingresso in Val Germanasca, la discesa su Balsiglia, oggi sede di un piccolo ma importante Museo dedicato a questa storia. E’ qui che i superstiti di questa epica traversata furono costretti a giustiziare gli ostaggi e, per scarsità di cibo, a requisire ben 600 pecore ai contadini del luogo (ovviamente ostili).

(Verso la Balsiglia)

(La Balsiglia - Massello)

Per chi fosse interessato...

Ormai vicini alla meta, vengono documentate le tappe successive: Rodoretto, Ghigo di Prali, e finalmente Bobbio Pellice, dove vengono accolti con grande entusiasmo da chi era rimasto. Il rientro viene festeggiato ben presto con l’indizione di un Sinodo a cui parteciperanno più di cento persone, provenienti da molti paesi dell’Europa.

(Prali)

Beattie, in una lunga nota conclusiva, riporta brani del documento originale della Rentrée, correggendo molte imprecisioni geografiche, per merito di Brockedon, che l’anno precedente aveva ripercorso tutto il tragitto e documentato tutto con dovizia di annotazioni e immagini… “fotografiche”.

(Bobbio Pellice)

 

La Val Pellice


(Bobbio Pellice)

E dopo questa carrellata legata alla grande impresa, gli autori allargano la loro esplorazione all’alta Val Pellice, scoprendo bellezze sconosciute. Nell tavole che seguono non sarà difficile scoprire località ancora oggi da noi frequentate nelle nostre escursioni.

(Forte Mirabouc – sopra Villanova)

(Monviso dal Colle Giulian)

(Colle della Croce durante un temporale)

(Luserna San Giovanni)

(Villar Pellice)

(Pinerolo)

 

Valle di Susa – Val Chisone – Delfinato

Il viaggio di Beattie e dei suoi illustratori prosegue nelle valli adiacenti, allo scoperta di paesaggi certamente sconosciuti in Inghilterra, ma anche poco noti nel regno di Sardegna, ricordando che – a partire dal 1815, dopo un ennesimo aggiustamento   - il confine col Delfinato era stato posto tra l’abitato di Gravere e quello di Chiomonte.

(La strada di Monginevro verso Cesana)

Ritroviamo qui paesaggi a noi molto noti, come per esempio la celebre tavola che vede l’uscita da Monginevro verso Cesana, sopra la gorge della Rocca Clarì, dove oggi sono state collocate la ferrata ed il ponte tibetano.

(Susa)

Scollinando nel Delfinato, troviamo qui i paesaggi del Briançonnais, anch’essi assai familiari ai torinesi: Briançon, Mont Dauphin, la valle del Guil, il Queyras.

(Da Mont Dauphin a Briançon)

(Chateau Queyras)

Per concludere, ancora due paesaggi particolarmente significativi, il Forte di Fenestrelle in Val Chisone e Sant’Ambrogio di Susa, con la storica torre e la Sacra di San Michele.

 
(Il Forte di Fenestrelle)

(Sant’Ambrogio di Susa)

Al termine della sua lunga cavalcata, Beattie conclude: “Come esempio dello spirito di lealtà con cui i Valdesi guardano al loro legittimo sovrano e del loro atteggiamento di gratitudine (…) riportiamo qui alcuni passaggi del Catechismo (la citazione  è in francese – ndr):

“Oggi, il ricordo di quelle persecuzioni deve rendere più evidente la differenza delle epoche, e portare i Valdesi non soltanto a ringraziare e benedire Dio per il cambiamento delle cose, ma ad essere ancora più devoti a loro Re e a non vedere nelle altre persone cattoliche romane, altro che dei fratelli che li amano e che essi devono amare”.


(Presidio Valdese in Val Pellice)

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