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Il libro ritrovato - Samivel, L'Opèra de Pics

di Gianluigi Montresor, CAI Torino

Sarà capitato a tutti voi, in questi giorni stranianti, di girare per casa bighellonando. Dopo aver adempiuto più o meno di buona voglia, ai doveri domestici e – per chi può lavorare da casa – allo “smart working”, certamente – stufi di un’immobilità che non conoscevamo - vi sarete chiesti: “E ora cosa posso fare ?”.

E’ con questo interrogativo in testa che ho svogliatamente aperto le ante della mia libreria, dove stanno in bell’ordine, tutti i libri che in una vita da collezionista ho accumulato, in special modo libri di montagna. Libri antichi e libri più recenti, ma i primi sono certamente i più stimolanti.

E’ così che è nata l’idea. Perché non approfittiamo di questi giorni scombinati per ripescare e rileggere dei classici senza tempo, che a suo tempo ci avevano appassionato e rapito?

Detto fatto. Ecco, nel corso di queste prossime settimane di riposo coatto, ve ne proporrò alcuni, senza un criterio particolare, se non quello del fascino delle nostre montagne, viste con gli occhi di chi le aveva scoperte prima di noi tanti anni fa. Sperando che a qualcuno possano interessare…

 

SAMIVEL – L’OPÉRA DE PICS – ARTHAUD – Grenoble 1944

La grande frontière

Samivel, pseudonimo di Paul Gayet-Tancrède (1907-1992), è notissimo nell’ambiente alpinistico internazionale. Poliedrico personaggio che è stato insieme scrittore, cineasta, disegnatore, regista di spettacoli, conferenziere, poeta, fotografo, alpinista di spicco attorno agli anni ’30-’40 del secolo scorso. Ha compiuto anche spedizioni riportandone fotografie e film.

Autore di una trentina di libri dedicati alla montagna, ha illustrato decine di classici della letteratura, ha diretto otto film, tra cui uno dedicato al Gran Paradiso (1956).

Amatissimo anche in Italia, ha vinto nel 1952 il Festival di Trento col suo film Cimes et merveilles.

Il Museo Nazionale della Montagna gli ha dedicato una memorabile mostra nel 1997 e pubblicato un bellissimo Cahier (n. 111).

Le propriétaire

Dalla sua baita di Contamine-Montjoie, abitata per tutta la vita, aveva sotto gli occhi il Monte Bianco, che ha percorso in lungo e in largo. Tutte le illustrazioni di questo libro ne sono la testimonianza.

Molti dei suoi libri parlano solo con le immagini. Poche o nulle le parole. Anche noi ci atterremo a questa filosofia, lasciando parlare prevalentemente le tavole di Samivel, col loro titolo.

Come scrive acutamente nella prefazione dell’Opéra il critico Jean Giono: “Ho guardato a lungo i disegni di Samivel: lui ha visto le stesse cose che ho visto io, ma lui è della vecchia scuola. Lui ha visto “il cuore puro” perdersi nell’immensità bianca, lo “schuss bar” (bar elegante da aperitivi - ndr) che lui rifuggiva (più per disprezzo che per paura), ha visto gli straordinari incontri, le lotte, le sconfitte, le morti, i dolori, i buffoni ed i nani di questi cavalieri erranti della montagna”.

Ripercorriamo qui alcune tappe del suo percorso, dalla satira feroce alla contemplazione, dalla visione poetica a quella metafisica, dall’illustrazione tecnica all’immobilità eterna della montagna.

L’enfer des montagnards

In questa prima tavola  dal titolo esplicito si riassume icasticamente la poetica di Samivel: in questo drammatico quadro, come una rivisitazione moderna di Hyeronimus Bosch, l’inferno della montagna, popolato di alpinisti improvvisati, indisciplinati, caotici, votati al “campionato dell’immobilità”. Una visione profetica (siamo nel 1944!).

La chute d’Icare

Dalla impietosa “caduta di Icaro” alla ferocissima ed evangelica tavola “perle ai porci”, dedicata all’ingresso dell’automobile nel mondo incontaminato delle vette, il “j’accuse” di Samivel.

Margaritas ante porcos

Ma se la prende anche con gli alpinisti iconoclasti che deturpano le montagne: chi vuol fare l’angelo fa la bestia (citazione dai Pensées di Pascal - ndr)

Qui veut faire l’ange faît la bête

Neige de miséricorde

Talora la vena dissacratoria si intenerisce (Neve di misericordia), così come nelle due emblematiche tavole: il multimilionario che finalmente apprezza la povertà volontaria ed il povero impiegato che in vacanza diventa ricco.

Enfin pauvre

Enfin riche

Spesso affiora nelle sue tavole, il romanticismo:

Nature pas morte…
 

Un amour éternel
 

Trois pour un secret

Più spesso è la solitudine che diventa protagonista, forse la vena più autentica di Samivel: la montagna gustata da soli a tu per tu, lontano dalla pazza folla (Un cuore puro – L’intruso):

Un coeur pure

L’intrus

Altre volte è la montagna stessa ad essere protagonista, come fosse un essere animato con vita propria (Duo – Narciso):

Duo

Narcisse


E poi, finalmente, il mondo degli alpinisti, quello che Samivel predilige, una montagna affrontata con consapevolezza ed orgoglio (Arrampico, dunque sono – Il grande gioco – La grande frontiera -Dopo la battaglia – L’invidia), ma anche con rispetto (Il temporale – Errore di itinerario – La battaglia con l’angelo).

Je grimpe… donc je suis

Le grand jeu

Après la bataille

L’envie

L’orage

Erreur d’itinéraire

Qui Samivel introduce un’altra delle tante sfaccettature della sua poetica, il mistero della morte, spesso tradotto in immagini fantasiose e per nulla tragiche, altre volte affidate a metafore trasparenti, dove l’ineluttabilità della sorte fa necessariamente parte del gioco (Dio riconoscerà i suoi – Lui aspetta). 

Dieu reconnaîtra les siens

(citazione dotta, tratta da una lettera di San Paolo, ma riferita alla strage medievale di Béziers del 1209, durante la crociata contro gli Albigesi; è la cinica frase dell’abate Amaury, con cui tentò di giustificare l’eccidio degli eretici ma che coinvolse anche i cattolici “innocenti” – ndr)

Il attend

A questa “corda metafisica” appartengono le tavole che seguono (Un ragazzo promettente – L’appuntamento – E il mondo non ne sa niente), dove la cupezza della morte cede il passo ad un fatalismo cosmico, che Samivel sembra accettare con serenità.

Un garçon d’avenir

Le rendez-vous

L’univers n’en sait rien

Per finire, l’ultima tavola della raccolta, che si intitola significativamente “sulla vera cima”, probabilmente una summa del pensiero di Samivel. 

Commenta Jean Giono: “L’ho guardata a lungo (questa tavola) e ho atteso lungamente davanti a lei, mi sembrava che il suo personaggio che mi voltava le spalle sentisse la mia presenza dietro di lui, e stesse per interrompere la sua contemplazione per girarsi verso di me, anche solo per farmi l’occhiolino, un viso nel quale ero sicuro di riconoscere il viso del mio amico”.

Au vrai sommet

 

 

NOTA

Sono 114 i volumi di Samivel o dedicati a lui,  consultabili nella nostra Biblioteca Nazionale al Monte dei Cappuccini oppure cliccando “SAMIVEL” su caisidoc.cai.it/biblioteche-cai/Biblioteca-Nazionale dove troverete tutte le schede di catalogazione.

 

Gianluigi Montresor

CAI Torino


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