

La carne dell’orso
di Primo Levi
Primo Levi a 100 anni dalla nascita
“Era questa, la carne dell’orso: ed ora, che sono passati molti anni, rimpiango di averne mangiata poca, poiché, di tutto quanto la vita mi ha dato di buono, nulla ha avuto, neppure alla lontana, il sapore di quella carne, che è il sapore di essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare, e padroni del proprio destino.”
Questa bellissima immagine, che fa convergere le sensazioni dell’andar in montagna e la voglia di cambiare il mondo tipica dei 20 anni, è un’altra fonte ideologica che ha caratterizzato la mia crescita alpinistica. La carne dell’orso: quante volte la cerchiamo fra rocce e dirupi, nei canali, sui ghiacciai e anche fra mille sentieri. Perché le sensazioni che Levi ha riassunto con tale maestria non sono esclusive dei top climber, ma anzi spesso costituiscono la principale molla di chi dedica alla montagna i soli momenti liberi e, necessariamente, si limita a impegni tecnici di medio livello.
Per quanta se ne riesca a mangiare, la carne dell’orso apparirà, nei ricordi, sempre poca, perché contiene in sé l’essenza stessa della vita, la cui “fame” è insaziabile. Ė un concetto che mi ha sempre affascinato, anzi mi ha letteralmente rapito, anche per la bravura stilistica di Primo Levi, di cui a Torino si sta celebrando la ricorrenza dei 100 anni dalla nascita (1919-2019).
Per ricordarlo anche noi, riproponiamo il racconto delle avventure giovanili in montagna con l’amico Sandro: costituiscono l’asse portante per il capitolo “Ferro” della sua nota opera intitolata “Il sistema periodico”.
(Carlo Crovella)
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Primo Levi nell'agosto del 1942, in cima al Monte Disgrazia in Valtellina
Tutte le foto a corredo di questo articolo sono tratte da www.planetmountain.com ed appartengono all'archivio Eredi Primo Levi
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