
Le potenzialità dell'Escursionismo
di Mauro Brusa
«Molto all’escursionismo sono oggi legati fattori quali avventura e conoscenza, liberate dal vincolo del record atletico o della conquista e ricondotte alla dimensione di fatto interiore.
Ma c’è di più. L’escursionismo sarà davvero il futuro dell’“andar per monti” se saprà rigettare le facili tentazioni di una frequentazione della montagna massificata, depredata, omologata e addomesticata promessa dai profeti dell’ultima ora. Un nuovo escursionismo “integrale”, ispirandosi all’alpinismo delle origini, può riappropriarsi del terreno lasciato libero da quel tipo di alpinismo che, proteso verso altri orizzonti, ha dimenticato intere montagne non più “à la page”. Però questa è già un’altra storia. Se ci sarà un prossimo “Scàndere”, la racconteremo».
Con queste parole, scritte a fine 1999 e ispirate al progetto di fondazione di una Scuola di Escursionismo che stavo curando, chiudevo la presentazione di “Scàndere 1997/99”, uscito nel marzo del 2000, l'ultimo sinora pubblicato. E anche se “Scàndere” non è più uscito ve la raccontiamo ugualmente, quell'altra storia.
A poco più di un anno di distanza (maggio 2001) quelle affermazioni si concretizzarono nella costituzione della Scuola di Escursionismo “Ezio Mentigazzi” del CAI Torino, la seconda per fondazione in Italia. Per inciso, dal 2001 al 2018 sono stati effettuati 18 Corsi “Base”, 16 Corsi “Invernale” (racchette da neve), 17 Corsi “Avanzato”, con un numero di allievi tendenzialmente in crescita (e domande di ammissione in aumento esponenziale ed esuberante), molti dei quali hanno perfezionato il proprio percorso di crescita divenendo prima ASE e poi AE, il tutto a dimostrazione della bontà delle teorie abbozzate nel 1999.
L'andar per monti è un'attività sofisticata e completa, quasi raffinata, in grado di soddisfare le esigenze dell'Uomo del nuovo millennio: l'escursionismo alpino, infatti, è contemporaneamente bagno di natura, attività sportiva e ricreativa, arricchimento culturale, distrazione ludica, ricerca spirituale, fonte di benessere psicofisico e molto altro ancora, consapevole interazione con l'ambiente circostante, oggetto di introiezione di tutte le sue sfumature storiche, culturali e naturalistiche (senza scomodare Thoreau (1) o Langer (2) e i loro numerosi epigoni), miracoloso rimedio contro la quotidianità trascorsa ad inseguire il tempo come criceti nella ruota, schiavi della fretta, della frenesia e dell'imperativo del “tutto e subito”.
Molto importante, oggi più che mai, è infatti il ruolo della montagna quale antidoto al meccanismo a vortice di induzione dei bisogni che distorce, specie nei più giovani, la percezione della realtà, dove – per esempio - chi non possiede il telefonino di ultima generazione è “tagliato fuori”.
La montagna è conoscenza, consapevolezza, crescita e libertà dalla schiavitù del XXI secolo dello stare sempre “connessi” in alienante simbiosi con la protesi telefonica, del dovere – dopo ore di cammino – caricare l'ennesimo, insulso autoscatto, come dimostra lo sgomento iniziale dei giovani aquilotti alla prima esperienza di soggiorno alpino, terrificati (3) dall'idea di essere privi del social network (4) e poi entusiasti del mondo nuovo che si dischiude ai loro sensi, quasi stupefatti di potere interagire con gli amici senza l'intermediazione dello smartofono antropoalienante e fomite di orridi quanto inutili anglicismi..
Esula, naturalmente, da questa visione l'attività sulle cosiddette “vie ferrate”, pur ascritte all'ambito escursionistico (sull'eticità delle quali si sono già versati fiumi d'inchiostro, non sempre a proposito) per il semplice fatto che la loro realizzazione altera la natura della salita e che la loro percorrenza presuppone dei tecnicismi, con interposizione di specifica attrezzatura, estranei al “movimento dolce” che invece caratterizza la pratica sopra descritta.
La montagna è un sistema articolato di fattori che da secoli interagiscono fra loro e che si possono cogliere solo se l'attenzione dedicata a flora, fauna e paesaggio è uguale a quella riservata ai segni dell'uomo e della cultura presente e passata e dove il camminare è il mezzo che permette questa interazione.
Nell'illustrare le straordinarie opportunità offerte dall'escursionismo alpino non vi è intenzione di rispolverare la vexata quaestio sul primato dell'una sull'altra specialità, alpinismo vs. escursionismo, il che sarebbe come discettare sulla primogenitura dell'uovo o della gallina.
Senza nulla volere togliere a niente e a nessuno, non si può non soffermarsi sulla seguente osservazione: l'escursionista si muove in un ambiente tridimensionale di cui ha una visione a 360°, mentre lo scalatore ha un orizzonte chiuso, limitato alla parete che ha di fronte a sé. Trattasi, è vero, di sperimentazioni emotive e sensoriali differenti, dove entrano in gioco tensione psichica piuttosto che l'appagamento visivo (quindi non paragonabili), tuttavia mi sembra di potere affermare che l'escursionista viva un'esperienza completa, arricchita anche dalla possibilità di conversare – fiato permettendo! - con i compagni di gita e di condividere in tempo reale le sensazioni, possibilità che, ovviamente, in parete è preclusa. Inoltre, camminando, la mente può anche divagare, opzione pericolosa nelle discipline tecniche dove è richiesto il massimo grado di concentrazione.
Ma l'escursionismo non è solo la sua accezione più immediata, cioè «L’attività delle escursioni esercitata in modo sistematico sia in montagna (dove è una forma minore di alpinismo) sia altrove, con carattere turistico, a scopo ricreativo, o per promuovere lo sviluppo fisico e culturale» (Dizionario Treccani on line). Esso, infatti, si presta a molteplici applicazioni:
• Strumento terapeutico. Fin dai tempi dei soggiorni montani di Sigmund Freud iniziò a farsi strada la consapevolezza che la montagna potesse contribuire al benessere psico-fisico degli individui alleviando gli effetti delle nevrosi indotte dalla quotidianità urbana. Oggi la frequentazione della montagna con finalità terapeutiche e riabilitative fa parte a pieno titolo delle attività fornite dai servizi socio-sanitari per la cura di persone con diverse abilità fisiche o mentali e all'interno del CAI Torino è molto attivo in tal senso il Gruppo “La Montagna che Aiuta”, sul cui sito Internet si legge: «La montagna è un ambiente di riabilitazione in cui si coniugano le dimensioni corpo, mente ed ambiente, individuo e gruppo, lavoro clinico e psicosociale: in questa esperienza, il gruppo è lo spazio dove condividere le emozioni, rendere sostenibili le paure, riconoscere i propri limiti e le proprie potenzialità, nel rispetto degli altri».
Il Gruppo è dotato di Joelette, la speciale carrozzina a tre ruote che serve per il trasporto su percorsi facili ma accidentati di persone con gravi difficoltà motorie.
• Strumento educativo. L'Alpinismo Giovanile, la specifica attività che in ambito CAI è rivolta ai Soci minorenni, altro non è che una forma di escursionismo caratterizzato da un'impostazione ludica e formativa. Attraverso la pratica escursionistica i ragazzi esplorano l'ambiente appagando il bisogno innato di avventura e imparando ad essere pensanti, a “fare squadra” per conseguire un obiettivo.
L'andare in montagna è, per i ragazzi, un modo per riempire il «tempo con nuovi interessi che, in seguito, nel periodo delle bufere adolescenziali, possono aiutare a tenerli lontani dai vari pericoli dell’odierna società quali la droga, la noia, il bullismo e la maleducazione», come annotava qualche anno fa il compianto Beppe Lavesi, "padre" dell'Alpinismo Giovanile nella Sezione di Torino.
Sempre Beppe osservò che «ai ragazzi non importa la quota o la notorietà della cima, per loro è importante arrivarci con le proprie forze, vincere la sfida con se stessi e capire che con la volontà, l’impegno e la prudenza possono arrivare ovunque sia in montagna che nella vita».
Le nostre montagne, Alpi o Appennini che siano, perfino le isole minori, posseggono una formidabile rete sentieristica, che mi è sempre piaciuto paragonare ad una sorta di Internet “ante litteram”. Giova ricordare, infatti, che in origine i percorsi non furono tracciati per il piacere di raggiungere una cima (quelli sono venuti molto, molto dopo), bensì per rispondere alla necessità di mettere in comunicazione uomini e valli attraverso i valichi naturali e per agevolare i collegamenti fra gli insediamenti stabili e quelli stagionali legati all'agricoltura, alla pastorizia o all'attività mineraria. Muta testimonianza di questa realtà è resa dalle numerose mulattiere accuratamente lastricate per agevolare il transito di uomini e animali e che, ancora adesso, vecchie di secoli, sono delle straordinarie “Autostrade naturali”. L'altro “monumento” alla storia della mobilità sulle Alpi è il Buco del Viso, primo traforo alpino lungo 75 metri realizzato alla fine dell'estate del 1480 per volere del Marchese di Saluzzo Ludovico II allo scopo di incrementare i traffici commerciali con la Provenza e al tempo stesso rendere più sicuro il transito delle carovane someggiate, che nel Passo delle Traversette trovavano un ostacolo di non poco conto e sovente impraticabile.
Il recupero, la manutenzione e la frequentazione dei sentieri sono passaggi fondamentali per la sopravvivenza stessa del sistema alpino, tanto che dal 2015 esiste un protocollo d'intesa stilato tra il CAI ed il Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo per realizzare un Catasto Nazionale dei Sentieri in cui far confluire i dati già presenti nei vari catasti regionali, il tutto al fine non solo di censire l'esistente ma soprattutto di ottimizzare e pianificare risorse e interventi a salvaguardia e promozione di un patrimonio della collettività.
Trattazione a parte meriterebbero i tracciati realizzati a scopo militare (5) che oggi, laddove siano stati - seppur tardivamente - valorizzati, si rivelano una straordinaria risorsa turistica ed escursionistica per le nostre montagne: basti pensare alle migliaia di escursionisti che ogni anno ripercorrono i camminamenti della Grande Guerra e visitano gli ecomusei distribuiti sul territorio, recando contributo all'economia delle valli interessate in maniera del tutto sostenibile.
Anche la segnaletica, sia orizzontale che verticale, dopo un passato di “anarchia”, grazie al lavoro della Commissione Centrale per l'Escursionismo del CAI che negli anni 1990 ha elaborato le linee guida per la tracciatura dei percorsi (per esempio, tacche rettangolari bianco-rosse), è in gran parte omogenea ed efficiente, almeno sui percorsi più frequentati, specie su quelli delle aree protette. Fanno eccezione alcune aree, come la Valle d'Aosta, dove la segnaletica – pur precisa ed accurata – è soggetta a diversa normativa regionale e si presenta con bolli tondi numerati di colore giallo.
L'escursionismo, rispetto ad altre specialità alpine, è attività tutto sommato economica sotto l'aspetto del costo dell'attrezzatura ed è quindi alla portata di tutti. Anche l'età anagrafica non pone (quasi) limitazioni purché i praticanti non siano portatori di gravi patologie: nel corso degli anni ho visto persone più che “mature” avvicinarsi per la prima volta alla montagna.
Il rovescio della medaglia è una interpretazione (troppo) spesso semplicistica e riduttiva, quasi banalizzante, dell'attività escursionistica, nella fallace convinzione che per fare una gita sia sufficiente avere il cellulare per chiamare eventuale aiuto e porre un piede davanti all'altro (6), il che porta a sottovalutare i pericoli oggettivi della montagna e a commettere gravi imprudenze di cui spesso i praticanti occasionali e improvvisati non hanno neppure cognizione, come attestano le statistiche – con percentuali in costante aumento - del Soccorso Alpino, secondo il quale il 92,6 % (dati 2017) degli interventi non riguarda Soci CAI. In molti casi l'aiuto viene richiesto da persone che si sono “perse” e che non sanno fornire la propria posizione, se non in modo talmente approssimativo da rendere difficoltoso l'intervento. Bastano questi ultimi dati per ribadire l'imprescindibile importanza sociale del CAI, al quale siamo orgogliosi di appartenere e di contribuire.
Note
1 - Henry David Thoreau (1817 – 1862), è stato un filosofo, scrittore e poeta statunitense. Deve la sua notorietà all'opera “Walden, ovvero La vita nei boschi”, una serie di riflessioni sul rapporto dell'uomo con la natura scaturita da un'esperienza autobiografica, per la quale è considerato il padre dell'ambientalismo moderno.
2 - Alexander Langer (1946 – 1995) è stato un ambientalista italiano. Fu tra i fondatori del partito dei Verdi italiani e uno dei leader del movimento verde europeo. Egli rovesciò il motto olimpico in latino «Citius, altius, fortius» che significa "più veloce, più alto, più forte" coniando «Lentius, profundius, suavius» ("più lento, più profondo, più dolce"), che è divenuto il manifesto della sua visione del rapporto uomo-natura.
3 - La dipendenza da connessione è una patologia riconosciuta che va sotto il nome di “Internet Addiction Disorder”, per tacere dell'ansia da ricarica della batteria.
4 - Da “La Stampa” ed. di Torino del 28 settembre 2018 si apprende che il Consiglio Regionale del Piemonte, tramite la Consulta regionale dei giovani, ha organizzato un corso rivolto agli studenti dal titolo “Educazione sentimentale ed esercizio del pensiero dialogante”, avente lo scopo di promuovere «la rialfabetizzazione emotiva di ragazzi e ragazze affinché, nell'era dei social, imparino a vivere sane relazioni sentimentali in maniera consapevole e costruttiva, nel rispetto di sé e dell'altro». Non so se c'è da rallegrarsi per l'iniziativa o rabbrividire per le cause.
5 - A chi fosse interessato ad approfondire l'argomento consiglio la lettura del libro di Marco Boglione “Le strade dei cannoni”, agile e documentato studio sull'ingegneria rotabile militare sulle Alpi Occidentali.
6 - A dirla tutta, mi è anche capitato di udire persone convinte che per salire qualche “facile 4000” sia bastevole legarsi i ramponi ai piedi e brandire una piccozza, senza peraltro sapere da che parte si impugna!
Potrebbe interessarti anche:

Caiano sarà lei!
Carlo Crovella

Alla scoperta di alcuni tesori escursionistici dell'Isola di Capraia
Mauro Brusa
