
Eravamo quattro amici....alla Barre
di Davide Forni
La Barre des Ecrins! Una montagna a lungo sognata per la bellezza delle sue forme, specialmente sul versante settentrionale nonchè per l’ambiente incontaminato nel quale si svolge la salita. L’ascesa lungo la via normale alla vetta si presenta completa e varia, con tratti su ghiaccio, roccia e misto; la sua quota di 4.102 metri, poi, la fa rientrare nell'elenco ufficiale dei 4.000 delle Alpi ed è uno più attraenti e interessanti dal punto di vista alpinistico.
Interessante è inoltre la zona nella quale si trova la nostra montagna; essa è infatti la cima più alta del massiccio degli Ecrins, situato nell’omonimo parco nazionale che presenta soli due 4.000, la Barre des Ecrins e il Dome de Neige des Ecrins. Il secondo costituisce un’ambita salita scialpinistica e si presenta come un duomo di neve posto proprio di fianco alla più alta Barre, la cui via di salita è in comune a quella del Dome fino alla Breche Lory, autentico intaglio posto sulla lunga cresta sommitale tra le due cime. Attorno a queste due cime il gruppo montuoso degli Ecrins presenta diverse vette che si avvicinano ai fatidici 4.000 metri, con valloni selvaggi e solitari che presentano vie di salita dai notevoli dislivelli.
Gli Ecrins hanno veramente tanto da dare per appagare gli alpinisti, anche quelli più esigenti…..e la Barre, essendone la cima più alta, non è da meno.
Il gruppo per questa uscita, compiuta nel week-end del 28-29 luglio 2018, è composto dagli amici Flavio e Paolo, ormai fidati compagni di cordata da anni, ai quali si aggiunge la new entry Alice che si comporterà benissimo, realizzando assieme a noi un piccolo grande sogno.
Partiamo il sabato intorno all'ora di pranzo da Prè de Madame Carle dopo un frugale pasto nei pressi dell’auto. Il tempo non è dei migliori, coperto e afoso, ma confidiamo nelle previsioni del giorno successivo che danno le grand bleau (come dicono da queste parti) ovvero cielo blu e nessuna perturbazione.
Una volta partiti con i nostri pesanti zaini, risaliamo il bel sentiero passando dal Refuge du Glacier Blanc fino al ghiacciaio che scende direttamente dalla nostra montagna, il Glacier Blanc, che è ancora enorme nonostante il marcato ritiro ormai purtroppo visibile come su tutti i ghiacciai delle nostre alpi. Nei pressi della fronte si possono vedere i segni negli anni del ritiro, dalle rocce montonate alle morene laterali ormai ricoperte dalla vegetazione.
Giunti nei pressi del ghiacciaio ci mettiamo i ramponi e ci incamminiamo lungo la marcata traccia che, attraversati alcuni crepacci – talvolta di dimensioni ragguardevoli – ci ha permesso di arrivare in circa 4 ore al Refuge des Ecrins. Questo rifugio, sul quale ho sentito negli anni le leggende più disparate (dal brodo di balena servito a cena per arrivare a gente che stava male subito dopo aver mangiato) me lo ricordo bene da quando salii nel lontano 2009 il Dome de Neige des Ecrins; personalmente ho sempre mangiato bene e ho apprezzato l’ambiente spartano e di convivialità del rifugio….ormai, dopo tanti anni di rifugi in giro per le Alpi, amo gli ambienti semplici e conviviali…il luogo in cui si trova poi è fantastico, isolato, selvaggio e austero. Il vicino ghiacciaio fa poi ben comprendere dove ci si trovi e laggiù in fondo al vallone ecco in bella mostra la nostra montagna, la Barre des Ecrins, con il suo conosciutissimo versante settentrionale che risaliremo l’indomani.
Per quel week-end, dato il meteo previsto favorevole, c’è il pienone al rifugio e così, dopo la cena cominciata alle 18.30, scendiamo nelle camere per i preparativi della gita dell’indomani, sistemando gli zaini e preparando il materiale. Qualche veloce capatina fuori dal rifugio per ammirare il panorama e poi subito a nanna che l’indomani la sveglia è prevista alle 3.15…e ci saranno parecchie persone sulla nostra montagna!
Quando suona l’ora della sveglia mi accorgo di aver dormito poco o nulla…decisamente troppo caldo in quella stanza! Le prime cose da sistemare e poi saliamo nella sala da pranzo dove facciamo colazione (piuttosto varia e sostanziosa); svolti i consueti e doverosi preparativi, partiamo poco dopo le 4 divisi in due cordate da due….io con Flavio e Alice con Paolo.
Scesi sul ghiacciaio ci incamminiamo con tutte le altre cordate sull’enorme ghiacciaio. È davvero stupenda la vista del tappeto di luci nell’atmosfera bluastra del ghiacciaio, mi stupisco ogni volta di fronte a spettacoli simili…ben presto però è Paolo a farmi riprendere l’attenzione, decidendo di aumentare il ritmo per superare velocemente quasi tutte le cordate che ci avevano preceduto.
Arriviamo in alto con le prime luci del giorno e, dopo una breve sosta mangereccia gustandoci l’arrivo dell’alba, raggiungiamo il traverso finale sotto la paretina NE della nostra cima.
Qui, contrariamente alla maggior parte delle cordate, dirette alla Breche Lory per salire il Dome de Neige o per attaccare la cresta Ovest dalla Barre direttamente dalla sella, decidiamo di risalire il pendio nevoso puntando all’intaglio meno elevato della cresta, subito dopo il caratteristico molare che si affaccia sulla Breche Lory. Secondo noi, infatti è la soluzione più veloce e più sicura per raggiungere il filo di cresta e le condizioni del manto nevoso – ottime – lo permettono. Facendo in conserva protetta sia la risalita del pendio di neve, misto a roccette affioranti, che della cresta rocciosa, il tempo impiegato è maggiore rispetto ad altre cordate che sembrano volare…tuttavia, una volta su quella cresta, considerato quanto è affilata (specie nella traversata del Pic Lory), si capisce che non ci sono molte possibilità di errori....l’esposizione in alcuni tratti è massima, specie sul versante meridionale….a ognuno quindi le proprie valutazioni.
La cresta, come detto molto affilata e tutto sommato di buona roccia, si presentava anche innevata per quasi tutta la sua lunghezza, motivo per il quale l’abbiamo percorsa interamente coi ramponi. Di questa cresta sicuramente ricorderò la falsa sensazione di poca lunghezza una volta dal basso, l’esposizione massima in alcuni tratti, tratti percorsi davvero sul filo oltre all'affascinante panorama circostante in una giornata dal meteo straordinario.
Arriviamo in vetta che sono quasi le 10, godendoci un panorama tra i più belli che abbia visto da quando vado in montagna...per la posizione, defilata rispetto alla catena alpina principale, per il meteo (straordinario, manco una nuvola in cielo!) e per il punto di vista privilegiato sulla zona degli Ecrins, una zona che conosco purtroppo molto poco....
La discesa, incominciata circa 15 minuti dopo, ci vede nuovamente ripercorrere la cresta ovest appena salita, progredendo sempre in conserva protetta fino a raggiungere questa volta il salto roccioso soprastante la Breche Lory dove sono presenti gli ancoraggi delle doppie; vediamo anche delle soste più in basso, noi però decidiamo di scendere dalla parte alta. Uniamo due corde (una da 40 e una da 30 metri) e arriviamo comodamente alla sella. Di qua in 10 minuti saliamo in cima al Dome de Neige (per me una ripetizione ma è pur sempre un 4000 ed è super panoramico!) a goderci la vista sulla cresta appena percorsa.
Il rientro, lunghissimo fino alla macchina e di qui a casa, ci terrà impegnati ancora per parecchio, arrivando a Torino a tarda sera.
Questo 4000, il 31esimo, non lo scorderò facilmente...per lo sforzo che mi ha richiesto, per il panorama dalla vetta e per la bellezza della cresta, veramente impegnativa....un sogno realizzato assieme agli amici Flavio (compagno di tante gite), Paolo (sempre in forma e voglioso di grandi avventure come questa) e Alice (bravissima e sempre attenta su tutto il percorso). Un grazie davvero ai compagni di gita per aver condiviso con me questa bellissima salita!
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