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Rigenerare la montagna: l’adattabilità dei territori

di Enti promotori

Post incendi ed emergenze: prospettive per il futuro. L’impegno di Comuni e Unioni Montane.
Convegno promosso da: Uncem Piemonte e Comune di Locana in collaborazione con IN/Arch Piemonte - Istituto Nazionale di Architettura

Si è svolto sabato 23 giugno presso la Sala del Palazzo comunale di Locana (TO) il convegno dal titolo “Rigenerare la montagna: l’adattabilità dei territori”.

L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra UNCEM, Unione Nazionale Comuni Enti Montani e la Sezione Piemontese di IN/Arch, l’Istituto Nazionale di Architettura per avviare ̶ mettendo insieme esperienze e competenze ̶ un approfondimento sulla situazione dei territori montani piemontesi dopo il devastante
incendio dello scorso ottobre, l’avvio di un percorso di confronto sul tema della rigenerazione e dell’adattabilità dei territori montani.
Il programma dei lavori, che ha avuto sede in diversi comuni montani, si è articolato in due fasi distinte: un convegno, a Locana alle porte del Parco del Gran Paradiso, dove si sono approfondite cause e conseguenze degli incendi dello scorso ottobre, potenzialità dell’ecosistema montano, risorse e agevolazioni necessarie per intervenire; e un ciclo di incontri, in diverse località, per mettere a fuoco temi specifici e definire gli strumenti operativi.

Il legame disastroso
Gli incendi nel mese di ottobre hanno devastato un importante patrimonio boschivo in molte valli piemontesi - solo in Val di Susa sono andati distrutti 70 kmq - dimostrando ancora una volta la fragilità del territorio montano, segnato dall’abbandono dei luoghi e dalle conseguenti difficoltà nella cura e nella manutenzione.
La vulnerabilità della montagna impone una profonda riflessione e l’avvio di iniziative coordinate di rigenerazione del territorio ‒ ove distrutto ‒ di riqualificazione/rivitalizzazione ‒ ove debolmente presente ‒ e di protezione – ove incontaminato.
Le forti connessioni tra l’ambiente naturale e l’insieme delle attività umane generano al tempo stesso potenzialità e fragilità, creando un legame indissolubile, che occorre affrontare come “sistema”, che comprende il paesaggio naturale, il patrimonio culturale ed architettonico e le attività sociali ed economiche.


I mutamenti climatici e antropici e l’abbandono delle attività tradizionali e dei luoghi avvenuto nel tempo, hanno accresciuto la fragilità dei territori e degli ecosistemi rimasti abbandonati o usati saltuariamente,
spesso in modo “predatorio”: caccia, disboscamento, uso del suolo per impianti sciistici deturpanti,
attività edificatoria legata a una domanda stagionale, ormai esaurita o in regresso, moltiplicazione delle
infrastrutture di scorrimento e non di attestamento, e così via.

Il legame virtuoso
La rigenerazione dei boschi e degli abitati deve essere accompagnata, quindi, da una riconsiderazione delle attività umane che, al contrario di quelle dolose o incoscientemente dannose, potrebbero invece costituire un volano positivo per la ricostruzione, la riqualificazione e la salvaguardia attiva dell’ambiente naturale.
In questa visione il sistema socio-economico può dare il suo contributo al rilancio e alla tutela dei territori montani e più in generale naturali. Le competenze in ingegneria ambientale, di specialisti e imprese, già
presenti sul territorio o di nuovo insediamento, potrebbero contribuire ad un veloce ed efficiente ripristino della stabilità dei terreni, indirizzare la rigenerazione dei boschi e del paesaggio anche secondo criteri funzionali alla governabilità futura e all’ottimizzazione delle specie presenti.

La gestione dei sentieri, la valorizzazione di cammini storici in parte recuperati e sempre più apprezzati da un turismo “ecologico”, le vocazioni agricole da agevolare e sostenere, la creazione di condizioni favorevoli per l’insediamento di attività economiche integrate al settore turistico e, inoltre, affitti temporanei, alberghi diffusi, rilancio di attività artigianali legate alla specificità dei luoghi, insediamento di persone e imprese sensibili al conseguimento di un “bene comune” per la montagna: sono altrettanti spunti su cui ragionare per impostare una politica che non si limiti semplicemente a sostituire ‒ con tempi peraltro molto lunghi, da trenta a quarant’anni e con esiti imprevedibili, causa le variazioni climatico-ambientali in corso ‒, il patrimonio boschivo distrutto dagli incendi.


Analisi e proposte a confronto
Un insieme correlato di proposte per intraprendere un programma di azione capace di sostenere e favorire il ripopolamento stabile delle aree montane occorre generare nuove opportunità, sia per riorganizzare infrastrutture, servizi e economie, che per avviare fasi di evoluzione di società locali più vitali di quelle del recente passato. Un cambiamento di punto di vista per intendere le specificità dei territori montani – verticalità, stagionalità di usi e attività, qualità dei prodotti, ricchezza di risorse naturali e paesaggistiche, biodiversità, qualità dell’aria – come risorse rispetto alle politiche di sviluppo economico e di coesione sociale.

Nel contempo è necessario passare da un atteggiamento di difesa di fronte agli eventi calamitosi, basato su misure settoriali e straordinarie, a una sicurezza attiva, attraverso interventi di riduzione della vulnerabilità di ambienti naturali, spazi, edifici e reti, di mantenimento dell’equilibrio idrogeologico, di gestione dell’emergenza. Tenendo ben presente che la manutenzione delle terre e dei fiumi montani rappresenta una maggiore sicurezza per le terre basse e per le città, oltre che un elemento di contenimento del rischio per abitanti ed attività.
Molte iniziative, da tempo avviate o intraprese di recente, possono costituire modelli di riferimento o interventi da adattare a questa proposta, che fa proprio il convincimento che “salvaguardare la montagna ha una utilità sociale diffusa”.

In questa prospettiva possono essere analizzate le proposte o le disposizioni vigenti che costituiscano incentivo di tipo normativo: con l’alleggerimento delle pratiche burocratiche e la semplificazione dei vincoli edilizi ed ecologico-ambientali, per particolari progetti in ambito turistico (case-albero, alberghi diffusi, criteri di recupero dei ruderi delle borgate in abbandono) o con la promozione di forme di cohousing, che comportino con il recupero anche l’insediamento, in montagna, di famiglie o di attività economiche.
Altrettanto importanti sono gli incentivi per la costituzione e l’organizzazione di imprese sociali, anche attraverso sgravi fiscali e decontribuzioni per chi fa volontariato in montagna, organizzazione corsi per imprese e lavoratori specializzate in ingegneria civile e per attività artigiane nei settori legno, pietra e rinaturalizzazione.

Da prendere infine in considerazione l’opportunità offerta dal programma di alternanza scuola-lavoro, da noi in attuazione negli istituti di istruzione secondaria, che prevede la possibilità per le scuole di rivolgersi ad enti afferenti al patrimonio ambientale per offrire ai propri studenti occasioni di apprendimento delle dinamiche imprenditoriali e organizzative. Questi perciò possono essere coinvolti in operazioni di volontariato nelle aree montane, in particolare quelle oggetto di eventi calamitosi: una formazione preliminare nelle scuole sui temi socio-economici montani può essere seguita da azioni di prevenzione dei dissesti, pulitura dei boschi, rintracciamento di sentieri, innesto di dispositivi di contenimento dei versanti, e così via.

Foto alluvione: AIB Bussoleno


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