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Il futuro dell’Alpinismo Giovanile: ruoli, protagonisti e trasversalità

di Vincenzo Torti, Presidente Generale Club Alpino Italiano

Socie e Soci Carissimi,

prima di ogni altra cosa vorrei condividere con voi il ricordo di una persona, a tutti molto cara e da tutti stimata e apprezzata, che è mancata pochi giorni fa a causa di una grave malattia.

Mi riferisco a Renata Viviani, Consigliere Centrale in carica, Presidente Regionale Lombardo per due mandati e Socia di straordinario entusiasmo e capacità. Il Consiglio Centrale, su questo stesso numero, ha tracciato di lei un fedele ritratto, ma desideravo, a mia volta, esprimere qui l’affetto e la gratitudine verso un’amica che ci ha mostrato con l’esempio e la dedizione, sino a che le è stato umanamente possibile, quanta ricchezza possa esprimere il volontariato sincero di una donna che la montagna aveva nelle origini e nel cuore.
Un grande abbraccio, quindi, alla nostra Renata, che rimane ben viva tra noi.

Colgo, invece, l’occasione del recente atto di indirizzo del CC in tema di Alpinismo giovanile (n. 2/2018), puntualmente illustrato in “Ripartire dal progetto educativo” dal Consigliere Fabrizio Russo, per fare alcune riflessioni che riguardano, anche più in generale, il mondo dei Titolati, fondamentale punto di riferimento delle nostre attività ed espressione di consolidate competenze culturali e tecniche.
La nostra legge istitutiva prevede che il Cai, a favore sia dei propri Soci sia di altri, provveda “all’organizzazione e alla gestione di corsi di addestramento per le attività alpinistiche, scialpinistiche, escursionistiche, speleologiche, naturalistiche”, curando la “formazione di istruttori necessari allo svolgimento delle (predette) attività”.
Si può, quindi, ben comprendere quanto grande sia la responsabilità di cui siamo investiti, nel momento in cui ci viene affidato il compito di formare istruttori, accompagnatori od operatori, e di attestarne, con il rilascio del titolo, l’effettiva preparazione e idoneità a operare nel settore cui si riferisce l’abilitazione.


Sappiamo infatti che, al rilascio del titolo, consegue un proporzionale affidamento in tutti coloro che vengono a rapportarsi con i Titolati del Cai, in qualsiasi contesto e, soprattutto, nei Corsi e nelle Scuole.
Da qui, l’imprescindibile necessità che gli organi chiamati a indirizzare e a formare si adoperino per garantire una preparazione corrispondente al titolo e un costante aggiornamento. Necessità che, per ragioni evidenti, risulta ancor più marcata nel caso degli accompagnatori di Alpinismo giovanile, ai quali è affidato il delicato compito di educare ragazzi e ragazze, avvicinandoli alla montagna attraverso il gioco, la scoperta, l’avventura, la conoscenza, la solidarietà e l’emozione.
Il nostro Alpinismo giovanile, la cui risalente storia è stata ben ricostruita da Giampaolo Covelli, accompagnatore emerito di AG, nel suo “Il cammino dell’alpinismo giovanile dalle origini ad oggi”, ha assunto l’attuale struttura istituzionale nel 1984, con la costituzione della relativa Commissione Centrale, cui ha fatto seguito la creazione di un’apposita Scuola, sul presupposto essenziale di realizzare quel Progetto educativo che costituisce l’unica ragione per cui è stato creato uno specifico organo tecnico, distinto da quelli che già operavano nelle singole specialità.

Per Progetto educativo si intende il documento approvato dal Consiglio Centrale il 23.04.1988, la cui rilevanza e attualità è stata, ove mai fosse necessario, confermata dal recente atto di indirizzo del CC.
Possiamo, quindi, affermare che la connotazione identitaria dell’Alpinismo giovanile sta nello “scopo di aiutare il giovane nella propria crescita umana, proponendogli l’ambiente montano per vivere con gioia esperienze di formazione”, come si legge nel testo originario.
La ragione per cui ho ritenuto opportuno dedicare questo editoriale proprio all’Alpinismo giovanile, che considero da sempre una delle vocazioni più significative del nostro Sodalizio e che, proprio per questo, rende particolarmente impegnativa e lodevole l’attività dei suoi accompagnatori- educatori emerge proprio dall’articolo di Fabrizio Russo, referente per l’AG.
Vi si legge, infatti, che “da tempo venivano palesate diverse situazioni di difficoltà nel settore dell’Alpinismo Giovanile, testimoniate anche dalle alterne vicende della vita dell’organo tecnico centrale e della sua articolazione didattica rappresentata dalla scuola centrale”.


Tali difficoltà, peraltro, si sono in parte acuite, poiché alcuni accompagnatori di Alpinismo giovanile, non so se per una lettura affrettata del documento, per un malinteso senso dei ruoli o, ancora, per una non consentita autoreferenzialità sui livelli di formazione, hanno manifestato, non sempre in modi consoni alla loro qualifica di “educatori”, insofferenza e contrarietà rispetto all’atto di indirizzo.
Qualcuno lo ha definito “calato dall’alto”, altri hanno lamentato l’apposizione di limiti alle loro potenziali attività e a quelle che considerano le esigenze del momento.
Per questo, dopo aver apprezzato l’impegno del CC nell’adottare un atto di indirizzo chiaro e aperto a tutti gli sviluppi che il mondo dell’Alpinismo giovanile può esprimere, ho ritenuto di dover recuperare un minimo di chiarezza sui ruoli istituzionali, anche per riportare la centralità dell’Alpinismo giovanile su coloro che ne sono gli unici protagonisti, sottolineando, nel contempo, come sia divenuta imperativa la trasversalità operativa tra organi tecnici.
Quanto ai ruoli, basti osservare che il nostro Statuto attribuisce al CC la possibilità di costituire, confermare, unificare o sopprimere gli organi tecnici centrali, dei quali “approva preventivamente i programmi annuali di attività” (art. 16 c. 1 lett. i), mentre il Regolamento Generale prevede che siano gli OTCO (Organi Tecnici Centrali Operativi) a coordinare l’attività degli omologhi organi territoriali, “fornendo loro direttive nelle materie che il CC deliberi essere necessarie ad assicurare su tutto il territorio nazionale scelte operative omogenee” (art. 32 c. 3).
Il Regolamento degli OTCO, poi, è ancora più puntuale nel precisare che la formazione e l’aggiornamento dei titolati avvengono attraverso l’organizzazione e la gestione di Scuole “nei modi e secondo gli indirizzi dell’OTCO” (art. 19 c. 1), che fissa altresì “i criteri di ammissione e le modalità
di svolgimento e frequenza” (art. 19 c. 4), sottolineando che “Le Scuole centrali nazionali … dipendono dal corrispondente OTCO, che ne stabilisce le competenze, i criteri di ingresso e di permanenza dei componenti” (art. 20).
Si tratta di un sistema chiaro e consolidato, in cui i ruoli del CC, cui competono l’indirizzo e l’approvazione preventiva dei programmi e degli OTCO, che forniscono sia direttive destinate all’uniformità nazionale, sia gli indirizzi per la gestione delle Scuole, queste ultime con “il compito di sviluppare lo studio, l’elaborazione e la codificazione delle metodologie di insegnamento e delle tecniche di esecuzione di ciascuna attività” (art. 20), sono puntualmente individuati.

Le manifestazioni di insofferenza e contrarietà di cui ho detto, oltre a porsi in insanabile contrasto con tale quadro normativo, confermano, ove mai ve ne fosse stato bisogno, come l’atto di indirizzo del CC fosse indifferibile per riportare il mondo dell’Alpinismo giovanile a una gestione coerente con gli effettivi livelli di formazione, fissati nell’ottica prevalente del Progetto educativo e non già finalizzati a consentire eventuali percorsi facilitati rispetto ad attività in esso non previste.
In ogni caso, raccogliendo le segnalazioni pervenute a favore di una crescita dei livelli di attività, sempre in ottica pedagogica, la Commissione Centrale di AG è già stata sollecitata ad adeguare i piani formativi, con specializzazioni in EEA, EAI e arrampicata sportiva, in ciò coadiuvati dalle altre Commissioni, in un contesto di finalmente attuata trasversalità.
Il nuovo e avviato Coordinamento, affidato alla regia esperta di Giancarlo Nardi, sta già raccogliendo, al riguardo, una partecipazione convinta e aperta di tutti gli organi tecnici e delle strutture operative.
In chiusura, voglio ricordare che il protagonista assoluto dell’Alpinismo giovanile è e resta “il giovane”, mentre “l’accompagnatore è lo strumento tramite il quale si realizza il Progetto educativo dell’Alpinismo giovanile” e che non sono consentite inversioni di prospettiva.

Auspico quindi che, prendendo le mosse da un atto di indirizzo chiaro, da un lato, e aperto a tutte le evoluzioni cui corrispondano preparazioni mai disgiunte dalle capacità pedagogiche, dall’altro, il nostro Alpinismo giovanile possa avviarsi a una ritrovata serenità operativa tra volontari consapevoli dei ruoli, gratificati dall’apprezzamento dell’intero Sodalizio e animati dal solo desiderio di avvicinare nel dovuto modo i giovani all’avventura e al rispetto dell’ambiente.

Articolo tratto da "Montagne 360" aprile 2018, per gentile concessione.

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