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Pan e ciculata

di Carlo Crovella

La cima è un cucuzzolone, coperto dalla neve. Cima del Bosco la chiamano, e sui fianchi il nome è azzeccato, ma in vetta il bosco è sparito. La giornata è gelida, come capita a fine gennaio, se le stagioni non tradiscono.

Un ragazzino giunge affaticato. Si chiama Fausto, ha una decina d’anni e sta arrancando sci ai piedi, perché ha avuto la fortuna, o la sfortuna, di nascere in una famiglia di appassionati di montagna. Appassionati di medio livello, come impegno tecnico, come rischi, come performance. Ma appassionati totali, se si guarda alla loro attività lungo tutto l’anno. D’estate per sentieri e pietraie, a volte sui ghiacciai, magari dormendo in rifugio o nei bivacchi. D’inverno con gli sci per boschi innevati, pendii sinuosi, bianche dorsali. Prima di Fausto, lo stesso destino è toccato ai suoi fratelli, ora in giro da soli.

Sotto ai piedi Fausto ha sci di legno, con lamine di metallo fissate da piccole viti: siamo a cavallo fra gli anni ’60 e ‘70. Le pelli di foca, di colore nero, sono agganciate agli sci con morsetti di gomma dura: maledetti morsetti, si rompono quasi a ogni gita! Ha scarponi di cuoio, allacciati con stringhe bianche. Fausto si vergogna dei suoi scarponi, nelle rare volte in cui scia in pista: i coetanei sfoggiano scarponi di plastica, colorati in modo vivace, di giallo, di rosso.

In cima suo padre, Selmo, lo sprona a cambiarsi, ad infilare la giacca a vento. Ehh… fosse una vera giacca a vento! È una carta velina presa al mercato di Corso Palestro. Il berretto, come i guanti, i calzettoni e il maglione, glieli ha tricotati con i ferri sua madre, Tina, capace di rammendare anche gli strappi dopo ogni gita: sa perfino ricucire le pelli di foca!

Fausto si guarda intorno: queste montagne, che d’estate si presentano come cumuli di pietre con qualche pendio erboso, assumono un altro fascino quando sono ricoperte dal manto nevoso. 

Il padre coglie lo sguardo del figlio: “Il manto nevoso è come il velo della sposa: fa belle le montagne. Al suo matrimonio una sposa è radiosa. Lo stesso capita alle montagne: per questo è bello amarle.”

Selmo tira fuori dallo zaino il sacchetto di tela per il cibo. La sua borraccia è destinata al vino: un rosso piemontese, senza pretese di nobiltà, ma verace e sanguigno. La madre porge a Fausto prosciutto cotto e pane casereccio: il prosciutto è di spalla, in compenso il pane ha la crosta croccante, dorata, saporita.

Il freddo diventa sempre più intenso: non si può stare fermi a lungo. Prima di chiudere il sacchetto del cibo, Selmo ci rovista dentro e poi allunga una mano verso il figlio:

“E adess… pan e ciculata!”.

Fornelletto a meta, anni '60 (Archvio Famiglia Crovella)

Fausto recupera quel fondente nerissimo, che accompagna nel palato con il residuo del pane casareccio. Percepisce un sapore pungente, intenso, pastoso.

Selmo riprende: “Le montagne sono tutte diverse: ci sono quelle matronali e quelle svettanti, quelle materne e quelle nervosette…” 

Fausto ha in bocca il cacao nero, lo mescola con il pane, beve una sola sorsata di rosso e guarda lo spartiacque fra la Val Susa e la Francia. Dietro, la sequenza di quinte montuose si perde nell’infinito.

Continua Selmo, mentre tira le stringhe degli scarponi: “Per amare ogni montagna, devi conoscerle tutte. Devi osservarle da ogni lato, apprendere la loro storia, individuare le vallate sottostanti, sapere chi è salito in vetta e anche chi non ha fatto ritorno, e perché. Delle montagne è l’anima la parte più intrigante, quella più difficile da conquistare: arrivare in vetta è solo un corollario, a volte il meno importante.”

Il padre si sposta per recuperare gli sci, piantati nella neve poco distante: “Gradi e difficoltà, così come manovre, nodi e contronodi lasciali in un ruolo collaterale. Se ti chiudi nella gabbia dei gradi e delle manovre, diventa solo uno sport: dopo un po’ ti stufi e ti dedichi ad altro.”

Selmo ha calzato gli sci, sbatte un bastoncino contro l’altro, pronto alla discesa: “Se le ami davvero, le montagne ti ricambieranno per tutta l’esistenza. Non è sport, è uno stile di vita. Te le porti dietro ovunque.”

Ben altre montagne conoscerà Fausto nei decenni successivi: difficoltà, dislivelli, pericoli. Ben altre emozioni, ben altre performance, ben altre stanchezze.

Eppure in ogni sua giornata Fausto ricercherà sempre il sapore pungente, intenso, pastoso delle gite “pan e ciculata”.


Foto: Autore non identificato. 12 maggio 1956, traversata sciistica delle Alpi. Verso il Colle delle Traversette (2950 metri) presso il Monviso, per poi scendere alle sorgenti del Po (2020 metri). Archivo Walter Bonatti. Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna - CAI Torino.


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