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Una stagione memorabile

di Franco Perlotto, Guida Alpina e Gestore del Rifugio Boccalatte Piolti alle Grandes Jorasses

Diario di un rifugista: una stagione al Rifugio Boccalatte Piolti alle Grandes Jorasses. Gioie, incontri, inconvenienti e visite che fanno bene al cuore

testo e foto di Franco Perlotto


Rifugio Boccalatte (foto Jean-Yves Igonec)


Quest’anno sulle Grandes Jorasses le condizioni della stagione estiva sono state molto variabili. A giugno un paio di settimane di bel tempo hanno permesso la salita a qualche cordata dallo Sperone Walker, dalle creste di Tronchey e des Hirondelles e naturalmente dalla cresta Ovest per chi proveniva dalla cresta di Rochefort, la più gettonata. Anche la via normale ha avuto qualche salita a fine giugno, ma poi le condizioni sono repentinamente cambiate. Il grande caldo della pianura portava una certa instabilità in quota con pochi centimetri di neve fresca ogni pochi giorni che sicuramente non erano proibitivi, ma fastidiosi soprattutto sulle parti rocciose. La via di fuga che scende dal bivacco Canzio, tra la cresta di Rochefort e la cresta Ovest delle Grandes Jorasses, divenne relativamente frequentata in quanto quest’ultima presentava spesso tratti di ghiaccio vetrato tra le punte Young e Margherita. Tutto sommato una stagione estiva più complicata di quella del 2016, per quanto riguarda l’alpinismo. Al Rifugio Boccalatte invece, sistemati i danni provocati dai vandali durante la stagione invernale alle vasche biologiche, le presenze di alpinisti ed escursionisti si sono susseguite fin da metà giugno. In quell’occasione il CAI - Sezione di Torino, proprietario della struttura che ha investito energie e risorse per la rimessa in vita del rifugio, ha lanciato un appello per sensibilizzare al rispetto di questi avamposti che, sempre più spesso, nella stagione di chiusura vengono usati come casetta per le vacanze a basso costo, anziché essere utilizzati come punti di ricovero di emergenza. Anche durante la gestione attiva del rifugio, un cambiamento della mentalità in atto è purtroppo visibile, nonostante la maggioranza di coloro che sono affluiti alla struttura nutrisse invece rispetto verso l’ambiente e lo sforzo di coloro che cercano di mantenere attivo questo avamposto: il Cai e il gestore.


Il Boccalatte dall’elicottero poco dopo una tormenta


In visita al rifugio...

Qualche visita divertente comunque si è avuta, nonostante il luogo sia spartano, con una cucina che presenta pochissima scelta tra due primi e due secondi, le cuccette all’antica sistemate su tre piani. Una mattina alle otto guardo giù dalla terrazza e vedo spuntare Guido Azzalea, per anni capo delle guide alpine della Valle d’Aosta. È l’anno del nostro sessantesimo compleanno, visto che a La Thuile, quarant’anni fa, eravamo insieme alla caserma Monte Bianco. Un abbraccio, quattro chiacchiere, un cin cin fuori orario e uno splendido ricordo. Di quegli anni passati in Valle d’Aosta mi sono tornati a trovare in tanti, dalle guide Beppe Villa, Mario Mochet, Luca Argentero, Armando Chanoine all’amico alpino Negrini e a tanti, tanti altri.


Nando Nusdeo e Franco Perlotto


Un giorno dai vecchi ricordi californiani mi comparve perfino Nando Nusdeo, il “pell e oss” monzese, compagno storico di Andrea Oggioni e di Armando Aste, col quale l’ultima volta ci eravamo lasciati a Yosemite. In cima alle Grandes Jorasses, quest’estate sono arrivati anche due alpinisti della Corsica, Laurent Acquaviva e il suo socio, dai cognomi tipicamente italiani; i primi corsi, mi dicono, ad aver salito la grande montagna.


Nadia Benetti e Valerij Babanov


Un giorno invece ricevo una prenotazione da Chamonix: una guida con cliente. Al telefono non capisco bene il nome, ma lo avviso che il rifugio è a rischio overbooking per quella sera. Le condizioni della montagna stavano comunque nuovamente mutando e qualcuno probabilmente avrebbe cancellato. Nel primo pomeriggio arriva un mingherlino magro magro che sembrava anche un po’ sofferente. Mi fa domande sulla normale delle Grandes Jorasses un po’ strane per una guida alpina. “Sarà davvero un professionista, con queste domande quasi da inesperto?”, mi chiedo. Poi mi rivolgo a lui e gli dico: “L’hai mai fatta la normale delle Jorasses?”. “Tante tante volte”, è la risposta, “ma solo in discesa”. Con la scusa della prenotazione a quel punto mi faccio ripetere il nome: Valerij Babanov. Era ovvio con decine e decine di salite dal versante Nord non poteva che essere il russo apritore solitario della via El Dorado, due volte Piolet d’Or, uno dei più grandi scalatori viventi. Ridemmo complici in due serate magnifiche tra noi.

Stravaganti avventure

A fine agosto giunse al rifugio Lorenzo Boccalatte, il figlio di Gabriele e di Ninì Pietrasanta, che ha voluto compiere i suoi ottant’anni nella struttura dedicata al padre. Era accompagnato dalla figlia Daniela, buona scalatrice, dalla moglie, dal genero, dal nipotino e da Enrico Martinet, giornalista della Stampa. Una festa memorabile e commovente che mi rimarrà a lungo nel cuore. Poi ogni tanto passava a salutarmi perfino Oscar Taiola, mitico capo del Soccorso alpino della Valdigne, con il quale avevo vissuto memorabili stravaganti avventure negli anni Settanta. Tra una missione e l’altra passava davanti al rifugio e con l’elicottero in overing ci sbracciavamo entrambi dai saluti. Insomma: una stagione memorabile al rifugio Boccalatte sulle Grandes Jorasses.


Lorenzo Boccalatte, Enrico Martinet de La Stampa e Franco Perlotto (foto Patrizia Riva)


Pubblicato originariamente su Montagne360, la rivista del CAI - Club Alpino Italiano, numero di Dicembre 2017

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