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Mario Schipani, Luciano Ratto, Mario Bertotto: tre sucaini “storici” ci hanno lasciato nel 2023

di Carlo Crovella

Verso la fine del novembre 2023 è mancato Mario Bertotto: aveva 93 anni.
E’ nei fatti della vita che le persone, ad un certo punto, partano per il loro viaggio, ma a volte resta un vuoto di rilievo.
Per uno strano scherzo del destino, nel 2023 è accaduto che se ne siano andati tre importanti personaggi della storia sucaina: Mario Schipani e Luciano Ratto in febbraio (a poche ore uno dall’altro), mentre a novembre li ha raggiunti Mario Bertotto.

A suo tempo Luciano Ratto e Mario Schipani sono stati adeguatamente ricordati nei rispettivi ambiti istituzionali (Club4000 e Scuola SUCAI). Ora è opportuno concentrarsi su Mario Bertotto, pur accomunandoli tutti e tre in un complessivo e affettuoso saluto.

Si tratta di tre personalità molto marcate e tutte importanti per il consolidamento della realtà sucaina. Luciano Ratto (che poi sarà, negli anni Ottanta, il fondatore del Club4000, oggi realtà di importanza internazionale) ha agito principalmente sul versante alpinistico dell’attività SUCAI, contribuendo sensibilmente all’innalzamento tecnico dell’ambiente.

Luciano Ratto (foto: sito Club 4000)

Dal canto loro Schipani e Bertotto, pur coinvolti nell’attività alpinistica, sono risultati particolarmente importanti per la Scuola di scialpinismo SUCAI Torino. Schipani è stato Direttore della Scuola talmente tante volte che ne abbiamo perso il conto.

Mario Schipani, a SX, alla vecchia Capanna "Gervasutti" di cui è stato a lungo ispettore (Foto: archivio F. Bakovic)

Mario Bertotto fa invece parte di quel gruppetto di sucaini, passati alla storia con l’appellativo di “Savi anziani”.
I Savi Anziani sono sette: Pierlorenzo Alvigini (per tutti Vigio), Beppe Auxilia, Mario Bertotto (Quintino), Franco Rocco Manzoli (Il Faraone), Maurizio Quagliolo, Renzo Stradella e Franco Tizzani (Il Monarca).

L’appellativo di Savi Anziani è intriso della più classica ironia torinese, che ricorda un po’ l’humor britannico: un mix di ammirazione e di “esageruma nen”, in questo caso “pigiando” sulla loro presunta veneranda età. Al tempo, con tale appellativo si sottintendeva, ironicamente, che i suddetti fossero dei canuti vegliardi, mentre la loro saggezza dipendeva dal fatto che vantavano una notevole esperienza, sia tecnica che organizzativa, perché avevano iniziato da giovanissimi. Essi stessi, con altrettanta ironia, si autodefinivano degli “ex-universitari che in precedenza avevano partecipato alla fondazione della Scuola e/o che avevano contribuito alla crescita della stessa”.

Negli anni Sessanta, i Savi Anziani, in realtà più o meno dei 35enni, hanno ricoperto un ruolo fondamentale per la Scuola SUCAI. Come è noto, il principale promotore iniziale della didattica scialpinistica in seno alla SUCAI Torino è stato Andrea Filippi, il quale, nel 1951-52, ha organizzato il primo “Corso sci-alpinistico” della SUCAI Torino. Da allora non si è perso un anno di attività, fino ai giorni nostri. Il successivo passo importante, nel 1958-59, è stato l’evoluzione del Corso annuale in una vera Scuola, cioè in una istituzione strutturata, con uno stabile organico istruttori e quindi autonoma anche rispetto alla Sottosezione.

A quel punto la Scuola aveva la necessità di assumere una forma definitiva e ciò è avvenuto nel decennio dei Sessanta, grazie alla lunga e oculata gestione dei Savi Anziani. Pur con la formale assegnazione del ruolo di Direttore a Franco Manzoli, i Savi Anziani hanno di fatto costituito una squadra di direzione, dando inizio a una gestione più ampia rispetto alla tradizione monocratrica che investiva, in precedenza, il solo Direttore. La tradizione non solo ha affondato le radici nella Scuola torinese, proseguendo nei decenni fino ai giorni nostri, ma si è di fatto estesa all’intero mondo della didattica scialpinistica nazionale.

L’importanza dei Savi Anziani è tale che, per accettata consuetudine nel mondo sucaino, nessun altro potrà mai più fregiarsi di tale “titolo”. Essi rimangono un tassello irripetibile non solo nella storia sucaina, ma anche nella storia del CAI Torino, di cui la SUCAI torinese è parte integrale.

Mario Bertotto con amici. In piedi da SX: Anna Odone Bertotto, Ada Ferrero Stradella, Renzo Stradella, Pierlorenzo Alvigini (Vigio), Franco Rocco Manzoli. In basso, da SX: Carla Lanza Tizzani, Mario Bertotto (Quintino). (Foto: F. Tizzani)

Ebbene Mario Bertotto è uno dei Savi Anziani e tale resterà per sempre. Accanto a questo risvolto (che lo fotografa prioritariamente agli occhi dei sucaini), Mario ha però aggiunto altre interessanti caratteristiche personali, che vanno ricordate a tutti nel momento del saluto.

Il soprannome di Mario era Quintino. Secondo alcuni l’assegnazione del soprannome è andata così: Mario si presentò a una delle sue prime gite scialpinistiche con un’attrezzatura talmente raffazzonata che qualcuno lo apostrofò: “Ma dove l’hai presa quella roba? Da Quintino Sella???”. Un’altra versione, storicamente più attendibile, sostiene che il soprannome Quintino gli sia stato dato perché Mario in montagna portava una lobbia che lo faceva assomigliare a Quintino Sella.
Allora, più che ai nostri tempi, era facile che un soprannome, magari legato al caso del momento, restasse appiccicato al personaggio per tutta la vita. Infatti i sucaini lo hanno sempre chiamato così. Il tono è sempre stato affettuoso e mai canzonatorio, anzi. Nell’ironia del soprannome era sempre implicita l’ammirazione nei suoi confronti.

Un’altra abitudine del periodo (e qui ci trasferiamo sul versante dell’attività alpinistica dei sucaini negli anni Sessanta) era firmarsi con il cognome di qualche celebre alpinista della Storia. Mario aveva scelto quello di Burgener, la nota guida vallesana che ebbe, come clienti, gente del calibro di Mummery e Kuffner.
L’attività alpinistica di Mario Bertotto è poco nota al di là della cerchia ristretta di amici e conoscenti. Per questo giova puntualizzarla.
Infatti Bertotto è stato un importante personaggio della Torino alpinistica, inserito in un gruppo di sucaini molto attivi anche su questo versante. Innanzi tutto va ricordato che Mario ha partecipato alla Spedizione Afghan 67, che resta il fior all’occhiello della SUCAI alpinistica di quel decennio.

Spedizione Afghan 67. Mario Bertotto è il primo in basso a SX, al suo fianco Luciano Ratto. Bonomi è in piedi, al centro, con gli occhiali da sole (Foto: Archivio Luciano Ratto)

Inoltre, data la dimestichezza con la neve grazie all’attività scialpinistica, quel gruppo di sucaini si è particolarmente distinto in ascensioni invernali, in genere di pareti nord o di canaloni e versanti di neve e ghiaccio.
Numerose sono state queste salite nei mesi freddi e spesso sono risultate delle prime invernali: Mario ha partecipato a molte di esse e in particolare all’ascensione più prestigiosa di quella serie. Infatti Mario Bertotto e Andrea Bonomi, a fine gennaio 1964, hanno salito, per la prima volta in inverno, il celebre Couloir Couturier sul versante nord dell’Aiguille Verte (4122 m). La leggenda racconta che, dopo un imprevisto bivacco a circa 100 metri dalla cima, il giorno dopo, una volta in vetta, Mario abbia estratto dalla zaino una bottiglia di champagne, per celebrare l’impresa.

Foto tratta dalla Rivista Mensile del CAI, luglio 1964

La bottiglia di champagne è la terza protagonista di quella salita invernale, anche se l’ha compiuta dentro lo zaino di Mario. Però, dopo il brindisi, la bottiglia è stata piantata nel ghiaccio della vetta, con i loro nomi e la data scritti sull’etichetta: pochi giorni dopo, contro quella bottiglia è andato a “sbattere” niente meno che René Desmaison, fino a quel momento convinto di esser lui l’autore della prima invernale del Couturier! Nell’alpinismo può capitare che gli amatori riescano qualche volta a precedere i professionisti.

Ora salutiamo questi tre amici sucaini, con i quali – in alcuni casi – abbiamo condiviso intense giornate di montagna. Lo stato d’animo è inevitabilmente condizionato dalla tristezza per la loro partenza, ma compensata dalla gratitudine per quanto essi hanno fatto, sia sul versante alpinistico che scialpinistico, a favore della SUCAI Torino.

Il modo migliore per esprimere la nostra gratitudine nei loro confronti è proseguire lungo la tradizione sucaina, che anche loro hanno contribuito a consolidare su livelli di eccellenza.


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