
Sogno Canadese in Val Travenanzes
di Valentina Saggese e Giampiero Bertotti
E finalmente si parte! Ma questa volta partiamo alla ricerca di valli a noi sconosciute, di cascate di ghiaccio mai viste e di usi e costumi diversi…insomma, a caccia di nuove emozioni e di nuove storie da raccontare e soprattutto da trasmettere.
La nostra meta principale sarà la “Val Travenanzes”, definita da molti come la meraviglia dell’Ampezzano, come una lunga valle incantata dove l’uomo è soltanto un ospite e l’alpinista un grande sognatore.
Stiamo lentamente entrando nelle Dolomiti, quasi ansiosi di scoprire ogni piccolo dettaglio di queste vistosissime montagne. Noi abituati a vette vertiginose, a valli strette e chiuse, a boschi custoditi su versanti inospitali e alla gradualità tra la bassa valle e le grandi cime, ci troviamo in una realtà che ci stordisce: le vallate sono ampie, sono tutte collegate da colli, e tra i pascoli innevati adibiti ora a piste da sci, si ergono verso il cielo torri di roccia così immense che sfuggono ai nostri occhi. Dal mare alle montagne, queste sono le Dolomiti, un viaggio geologico di una bellezza e storia uniche. La vista delle torri di roccia è tutt’intorno a noi.
Percorriamo paesi come Ortisei, Santa Cristina fino ad arrivare al Passo Gardena, Colfosco, per poi risalire fino al Pian Falzarego ed è qui che dormiremo la prima notte. Una notte infinita, è difficile prendere sonno, ogni volta che chiudo gli occhi immagino come possa essere la valle e che forma potrà avere la nostra cascata.
Il giorno dopo lasciamo la macchina vicino alla strada e cominciamo a seguire la traccia sulla neve. Oggi la difficoltà maggiore a cui far fronte sarà il freddo. Il termometro in macchina segna -22 °C, e le mani non possono stare scoperte per troppo tempo. È ancora buio, non riusciamo a vedere molto, ma poco a poco il cielo schiarisce mostrandoci una meravigliosa e silenziosa valle. Camminiamo per circa tre ore con l’aria gelida sul viso, tanto che i capelli sono diventati fili di ghiaccio. La valle è così candida, è ricca di piccole colate ghiacciate, di abeti rossi e bianchi, di cime, di canali nevosi, di silenzio, di pace, di magia, di solitudine.
L’ultimo tratto prima dell’attacco non è riparato dal bosco, e qui il freddo si sente ancora di più, dobbiamo sbrigarci. Intanto però siamo sbalorditi da queste immense cascate, una in fila all’altra, sono lunghissime, sono infinite, e sono in grado di far brillare l’intera valle. E “Sogno canadese” è là a poche centinaia di metri da noi, ed è indescrivibile, forse qui l’immaginazione è più adeguata ad onorare uno spettacolo così. Ora manca ancora il conoide finale prima dell’attacco e prima di poter vedere da vicino la cascata.
Arriviamo all’attacco ma non siamo così certi di potercela fare, il freddo entra nelle ossa. Ci vestiamo talmente tanto che il movimento del corpo risulta quasi goffo e rallentato, prepariamo l’attrezzatura e proviamo a salire questa immensa cascata lunga 200 metri completamente verticali.
“Sogno canadese” oggi è illibato, non pensava di ricevere ospiti in una giornata così rigida e prepotente. Il ghiaccio oggi non vuole alpinisti comuni, alpinisti che non lo amano o che lo sfruttano per la vana gloria, ma vuole passione, vuole forza, vuole umiltà.
Il primo tiro verticale lo affrontiamo con il corpo gelido, spero di riscaldarmi durante la scalata. Ma quando arrivo alla prima sosta ho una forte bollita ai piedi tanto che sono costretta a fermare Gian chiedendogli di assicurarsi al chiodo da lui appena messo. Sento di svenire, le orecchie fischiano e sono obbligata a distenermi sulla cengia ghiacciata. Non è la prima volta che mi succede, ma questa volta ci sono ancora 150 metri di cascata verticale da affrontare.
Per fortuna riusciamo a proseguire, ed è buffo e assolutamente divertente scoprire che dopo ogni sosta un tiro ugualmente verticale al precedente ci sta aspettando, mai un riposo, la cascata non regala nulla di facile e tranquillo. In particolare, in due tiri, l’uscita dalla sosta è da brivido: occorre sporgersi verso il vuoto più totale, senza sapere cosa si possa celare dall’altra parte… è la stessa sensazione che ognuno di noi prova quando decide di fidarsi dell’ignoto, di provare a cambiare qualcosa nella propria vita senza sapere a cosa andrà in contro. Ma Gian, ogni volta con un grande sorriso, batte forte le sue picche su quel ghiaccio duro, e con una picca nell’ignoto e una a vista si sposta sul tiro con tanta leggerezza e tranquillità, che forse è soltanto apparenza o forse soltanto coraggio.
Arrivati all’ultima sosta non potevamo credere di avercela fatta, di aver dominato umilmente un mostro ghiacciato, di essere così in alto rispetto ai nostri piccolissimi zaini alla base della cascata. La valle vista da qui è mozzafiato: è infinita, il ghiaccio adorna le pareti spoglie di vegetazione, mentre i boschi verso la parte basse ricoprono gentilmente i versanti. Tutto è al suo posto e noi ci sentiamo parte di questa valle, ci sentiamo davvero alpinisti sognatori e non più ospiti.
Il giorno dopo ci dirigiamo a Colfosco a caccia di altro ghiaccio, ma questa volta con uno spirito più tranquillo e spassoso. Ci ritroviamo su “Lujanta”, una cascata non troppo difficile e lunga a pochi passi dalle piste da sci. Questa volta affrontiamo la cascata a tiri alterni ma soprattutto l’affrontiamo con molta più leggerezza. Nonostante questo siamo molto contenti della giornata e di aver scoperto nuovi luoghi e nuovi piccoli gioielli ghiacciati.
Questi pochi giorni spesi qui mi hanno insegnato ancora di più quanto il ghiaccio sia tanta testa e non solo forza, quanto sia determinazione e non un passa tempo. Mi hanno insegnato quanto sia necessario viaggiare, scoprire, osservare, conoscere altre valli, altre storie, altre vite. Non basta rimanere a pochi passi da noi, perché non si cresce, non si comprendono tante sfumature che la montagna può dare, e soprattutto si rimane intrappolati dentro le proprie idee.
E ora al ritorno dal nostro piccolo viaggio sono curiosa di scoprire come queste tanto amate Dolomiti si tingeranno di infiniti colori tra qualche mese, in primavera e in estate. Sono curiosa di toccare quella roccia fragile e permalosa, così candida e così rosea. Curiosa di scoprire un altro lato di queste magnifiche torri di roccia.
Valentina Saggese e Giampiero Bertotti
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